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lunedì 29 aprile 2013

contemporaneità del merletto



Pizzi e merletti nel nostro immaginario si collocano immediatamente in un'epoca passata, richiamano un gusto un po' retrò e di certo un lavoro artigianale che ormai si è quasi perduto, fatto di paziente lavoro e manualità. 
Un filo che si intreccia, si annoda a formare magicamente trame complicatissime, sontuose e ricche. 
Ma che succede quando l'arte, il design, le stesse forme architettoniche si impadroniscono e fanno propie tali intricate linee? 
Diventa un mondo di coesione tra passato e futuro, coesistenza tra tradizione e sperimentazione pensata attraverso il gioco e lo studio di materiali diversi impiegati e piegati a richiamare alla memoria tali fastosi orditi. 

Emblematica è stata la mostra del 2010 "Lace in translation" al Design Center dell'Università di Philadelphia. Qui Tord Boontje, studio Demakersvan e Cal Lane hanno dato vita ad installazioni e opere di design coniugando avanguardia tecnologica e memoria estetica. 
Nell'immaginario di Tord Boontje, il suo lavoro è volto più ad un'operazione di sottrazione piuttosto che di costruzione, il filtrare della luce attraverso le trame della natura. 


lampade rafia- Divano in fibra polietileniche -Tord Boontje-Foto Beth VanWhy



lo studio olandese Demakersvan, realizza per lo stesso centro, la recinzione dell'edificio, una trama in metallo galvanizzato che tenta di combinare produzione industriale e valore estetico. 

Demakersvan-filo metallico Ricoperto di PVC galvanizzato-Foto Kerry Polite

Diverso approccio quello della canadese Cal Lane, che servendosi di produzioni industriali, intaglia a fiamma ossidrica sontuosi ricami ad ottenere una contrapposizione di forza e fragilità al contempo, contrapposizione tra maschile e femminile, decorazione e funzionalità. 

Cal Lane-Barile di Petrolio, ossi-acetilene Tagliato e acciaio saldato-Foto Kerry Polite

Dalla collaborazione tra studenti e artisti, nasce, invece, una sorta di sipario filtro tra interno ed esterno del Center stesso, realizzato in rafia, e che diventa, simbolicamente, metafora del mostrare e celare, di spazio e di appropriazione di esso. 

Sipario in pizzo di rafia, -Realizzato Dagli Studenti e professori Dai della Philadelphia University, il Design Center, e lo Studio Tord Boontje. Foto Kerry Polite

Un esempio di compenetrazione tra il dentro e il fuori, tra l'esistere e il non esistere, tra architettura e ambiente circostante, lo si ritrova in casa “Cavalli” collocata sui colli fiorentini. Qui l'elemento decorativo si fonde a quello strutturale, una  gabbia costituita da pannelli in acciaio traforati al laser che oltre ad affermare la stretta relazione dell'edificio al luogo al quale appartiene, diviene anche richiamo indiscutibile al mondo della moda e dei suoi preziosi tessuti.

Casa Cavalli-design.repubblica.it
Casa Cavalli-design.repubblica.it

Ancora un esempio di collaborazione tra moda, design e tecnologia è lo show-room di Manolo Blahnik a Mosca, ideato dallo studio londinese Data Nature Associates. Il concetto di fondo è partire dai tradizionali motivi decorativi russi rivisitati in concezione contemporanea. Qui si crea il contrasto tra le preziose collezioni Blahnik e la tecno-superficie dei pannelli in DuPont-Corian traforati al laser, che ricordano la delicateza dei bianchi pizzi russi. 

Negozio di Manolo Blahnik (Mosca, Russia)-pannelli in DuPont-Corian-luxstyle.it
Negozio di Manolo Blahnik (Mosca, Russia)-pannelli in DuPont-Corian-luxstyle.it

L'evoluzione e la precisione della lavorazione dei materiali con il laser offre l'opportunità di modellare e incidere i materiali eliminando la necessità di progettare una struttura che funga da telaio strutturale. Ne abbiamo dei chiari esempi anche nel design applicato ad oggetti di uso comune, come mostrano i progetti dell'architetto Angelo Tomaiuolo che attraverso il suo nastro in lamierino di alluminio, ottiene resistenza, elasticità, sinuosità ed eleganza, come mostrano i suoi complementi d'arredo o la sua installazione acquatica presso il Yeol Park a Seoul. 

sedia e tavolo-“Wave” Yeol Park a Seoul-lamierino in alluminio-Angelo Tomaiuolo-nidesign.it


Ma non solo il pizzo concepito e rielaborato attraverso materiali High Tech, è sinonimo di contemporaneità, come mostra l'artista Susanna Bauer, con spiccata attenzione alle cose semplici della natura, come sassi tondeggianti, foglie e legni erosi dall'acqua, recupera il senso di appartenenza ad una natura serena che ci ospita e con la quale abbiamo da sempre interagito, assegnandogli un posto speciale e rendendola unica attraverso interventi che non la rendono diversa da se ma la esaltano nella sua essenza pura. 

Foglie, rami e pietre, con motivi in pizzo creati col filo-Susanna Bauer-design.fanpage.it




domenica 28 aprile 2013

NEL MIO MONDO DEI SOGNI 8





Oggi vi faccio entrare nei meandri più nascosti e misteriosi dei sogni, parlando della famosa - sconosciuta - amatissima - affascinante incubazione dei sogni.
Io la considero una sfumatura molto affascinante dei sogni!
Ma se vi e'sconosciuta, e' interessante conoscerla e ve la voglio presentare cosi, senza troppi giri di parole: 

lunedì 22 aprile 2013

Je vais bien

Quante volte incontriamo qualcuno e gli chiediamo semplicemente "Ciao come stai" ?
Un gesto normalissimo, consumato numerose volte al giorno, che pero' nasconde un'infinità di domande e cavilli insidiosi.
A volte si chiede per cortesia, per pura forma, altre per sincero interessamento...
A volte si risponde con sincerità, a volte si finge di stare bene per non intavolare discorsi scomodi, oppure si ha voglia di lamentarsi e quindi si cercano a tutti i costi per affermare di stare male.
Le basi, l'abc dei rapporti sociali, sono una giungla di intenzioni non confessate, di cose non dette e lasciate sospese, di impressioni ingigantite.
Questa la mia riflessione data dall'ascolto di questo pezzo di Chiara Zocchi, brillante e poliedrica artista varesina.
Je vais bien, canzone delicata ed elegante, pregna di messaggi che arrivano da una sensibilità senza dubbio straordinaria, fuori dal comune.
E voi, come state?


Je vais bien - Chiara Zocchi 


ENJOY :)


giovedì 18 aprile 2013

NEL MIO MONDO DEI SOGNI 7



TERAPIE PREVENTIVE CON I SOGNI

Per i cinesi, l’energia che di giorno riveste e protegge l’organismo, di notte percorre gli organi, li rigenera e fa una sorta di check up del loro stato di salute. Attraverso il sogno, è possibile avere interpretazioni precoci su situazioni di squilibrio energetico dell’organismo». Non una vera diagnosi, ma se l’analisi dei sogni è associata al dialogo con il medico può dare informazioni utili per impostare terapie preventive. Ecco quali sono i riferimenti simbolici agli organi della medicina tradizionale cinese, in parte condivisi anche dalla cultura occidentale.

martedì 16 aprile 2013



oggi sono in vena di citazioni, e a dire il vero non mi va neanche tanto di raccontare quello che mi gira per la testa.
beh, se devo propio citare... cito. ognuno ne tragga le propie conclusioni.

"Pensavo che l'umiltà non fosse adatta al guerriero.
Mi sbagliavo!
Adesso so che l'umiltà del guerriero non è l'umiltà del mendicante.
Il guerriero non abbassa la testa dinanzi a nessuno, ma nello stesso tempo non permette a nessuno di abbassare la testa dinanzi a lui.
Il mendicante, invece, si butta in ginocchio e si umilia davanti a chiunque giudichi superiore a lui, ma allo stesso tempo pretende che chiunque gli sia inferiore si umili davanti a lui..."

                                                                                                                             C. C. "L'isola del tonal"




"Uno degli strumenti principali adottati dagli antichi Sciamani del Messico nella definizione di questo concetto era l'idea di prendere la morte come compagna e renderla testimone delle nostre azioni. Don Juan disse che, con l'accettazione di tale premessa, viene gettato un ponte sull'abisso che divide il nostro mondo quotidiano da qualcosa che ci sta davanti ma non ha nome; qualcosa che si perde nella nebbia e sembra quasi non esistere...

...Qualcosa di talmente oscuro che non è possibile usarlo come punto di riferimento, e tuttavia è innegabilmente presente. Don Juan sosteneva che l'unico essere capace di attraversare quel ponte era il Guerriero; silenzioso nella sua battaglia, irraggiungibile perché non ha nulla da perdere, efficiente perché ha tutto da guadagnare.»


                                                                                                                               (Carlos Castaneda)

domenica 14 aprile 2013

Il potere dell'ironia

Sono, per carattere, una persona estremamente schietta e mi accade sovente di dire esattamente ciò che penso e se non mi fermassi a riflettere sul modo migliore di affrontare un determinato argomento o una determinata persona farei veri disastri più frequentemente di quanto non mi capiti in realtà.
Le parole, che enorme patrimonio ha questa umanità dolente ed indolente che mai si accontenta di dire senza causar troppo danno.
Ciò che ho imparato è che ci sono mille modi per dire la medesima cosa, ma le parole che scegliamo spesso cambiano e rovesciamo ciò che l'ascoltatore percepisce.
Questa considerazione vale per ogni sfaccettatura del parlato, e, haimè, ammetto, candidamente ammetto, che mai mi son divertita con tanto gusto come quando seriosissimamente affronto un argomentazione che mi sta a cuore o che mi fa palpitare di indignazione proprio con il suscitatore di  tali sentimenti!
Questi astrusi pensieri hanno stasera trovato conferma, tra il mio riso divertito, in una poesia del grande Trilussa, magistralmente enunciata da Andrea Bocelli.

Una grande persona mi ha detto, a tal proposito, una verità indubbia: Il potere e l'intelligenza dell'ironia sono solo per i grandi.


NEL MIO MONDO DEI SOGNI 6


<<I Sogni sono la Voce dell'Anima>>

Miei cari appassionati in materia oggi non ho potuto fare a meno di pubblicare il racconto di questo sogno che trovo alquanto interessante, dopo un appurata analisi eccone la sua spiegazione tecnica e interpretazione completa che sono riuscito a tirare fuori con la collaborazione del sognatore.
Questo sogno arriva da un ospite esterno a stardoll che cercando dei sogni è capitato nei miei articoli e mi ha inviato il suo sogno, lusingato della cosa mi sono messo subito a lavoro, naturalmente ho avuto una conversazione diretta tramite mail su alcune cose personali e insieme abbiamo estratto un interpretazione vicina alla realtà.
Il suo è un sogno nel sogno, non è così frequente, ma quando capita colpisce molto la fantasia ed il ricordo del sognatore che si sente proiettato in una profondità inconscia o in una vita parallela misteriosa i cui livelli stratificati suggeriscono significati reconditi.

Fare un sogno dentro un sogno, ricordarlo nel sogno stesso che si sta facendo e tentare (caso raro) di interpretarlo è straordinario, misterioso ed affascinante. Il mondo dei sogni mette in scena sé stesso in una ironica autocitazione. Non trovate che sia una cosa estremamente interessante da approfondire?Cosa cerca di dirci questo tipo di sogno? ...

mercoledì 10 aprile 2013

Atavica notte


Il sole tra qualche ora sorgerà, questa notte senza luna sta conoscendo faticosamente la sua fine, non che io non ami la notte, tutt'altro, la mia vita è un continuo susseguirsi di notti insonni per scelta.
I giorni cadenzano, lenti, con il loro ritmato gocciolio l'estasi intima delle mie notti, notti nelle quali scorgo anfratti d'anima ancora ignoti e con perizia e pudore mi appresto a entrare in comunione con essi senza nulla chiedere e nulla pretendere.
La notte, nel silenzio, o meglio, nel brusio composito del silenzio che si discerne dinnanzi a me ed in me trova forza per mostrarsi nella sua interezza, nella sua bellezza nitida e oscura, io vivo appieno e respiro l'aria come se fosse la più pura e lieve di questo mondo e dell'altro.
Gli occhi si socchiudono pretendendo da me il tempo per potersi abituare all'oscurità, a ciò che solitamente ci impediamo di vedere accecati da infinite fonti di luce.
Accetto questo tacito accordo, conscia che questi pochi attimi di annientamento ben presto verranno ripagati.
E così è, ora ciò che mi circonda è sotto la mia padronanza non solo visiva ma anche tattile ed olfattiva, ne sento persino il sapore posato sulle mie labbra, nettare dolce quanto le lacrime di un Dio; sono pienamente consapevole di me stessa come in poche altre circostanze mi accade.
L'oscurità che tanto temevo, un tempo, ora mi avvolge, fasciandomi e nutrendomi come un grembo potrebbe fare con una neutra creatura.
Mi perdo e perdendomi ritrovo ogni molecola del mio essere, ogni mio più sconosciuto atomo ed in un attimo si srotola dinnanzi a me la doppia elica del mio DNA, delirante, ma così sentitamente pieno e vivo da farmi rabbrividire.
Le ataviche sensibilità dei miei avi si presentano una ad una, dapprima in una patinata foschia per poi farsi vivide e accese nell'aura che la luna invisibile dietro alle mie iridi è capace di percepire.
Scivolano su di me senza impedimenti, portate dalla coscienza di ciò che ho sempre creduto di sapere senza avere piena consapevolezza, bevo a lunghe sorsate vecchie rabbie ed antiche gioie, infelicità, dolori, amori, disonori, prodezze e gaia sfacciataggine e ricompongo in quell'elaborato tramestio ogni mia particolarità, fieramente.
Il sangue prende a pulsarmi nelle vene, le tempie ora martellano dolcemente come a volermi far
notare la loro perenne presenza.
Il sangue refluisce, poi ripercorre il suo corso, sembra perpetuo, immutevole, ma io ne sento ogni minima variazione.
L'intensità cresce e spalancando la finestra mi nutro di questa notte, ed in essa spalanco gli occhi dinnanzi a questa visione che ricerco e vivo.
Parlo a me stessa, non capita sovente, ma nella quotidianità della vita in chiaroscuro esistono sere in cui io anelo ancor più intensamente l'oscurità di questa setosa madre.

martedì 9 aprile 2013

Passo doppio

Ci sono cose che nella vita vanno digerite... la peperonata per esempio, ma anche le vecchie relazioni... (o quelle in pausa).
BENE!!!
Digeriamo, esorcizziamo, passiamo oltre... come???? 
Scrivere è un metodo valido, e anche cantare.
Quindi ora vi stresso con due miei sfoghi. Posso? Si vero? Al massimo passate al prossimo post...

Prima mossa : Amante di cose a caso è un pezzo che scrissi nel 2010 in seguito ad un'esperienza abbastanza particolare con una persona unica nel suo genere (e meno male oserei dire...) ma ben si adatta a quello che provo in questi giorni.
Seconda mossa: ho realizzato la cover di "Ancora Ancora Ancora"  poco tempo fa, quasi come una dedica disperata. Ora me la riascolto e me la ricanto a squarcia gola.

Se vi va, ENJOY :)

Amante di cose a caso

La luce fredda dell'abisso spezza le clavicole,
smorza il respiro folle nell'insana idolatria.

Il sesso attenua il panico ed innesta la vertigine
che mi si insinua dentro come dolce malattia d'amore...

STRAPPAMI LA RAGIONE
FALLO SENZA PARLARE
STUPRAMI MENTE E CUORE
NEUTRALIZZAMI AMORE !

Amante di cose a caso sarò
per proteggermi da te che mi vuoi bene,
per allontanarti e per tenerti più vicino a me;
amante di cose a caso, io sarò, per te.

Nel mondo che mi culla e che mi esplode nelle viscere,
la tua voce è l'unica più forte della mia.

E le mie perversioni ora si vestono di maschere
per consolarmi ma mi sono perso dentro te amore...

STRAPPAMI LA RAGIONE
FALLO SENZA PARLARE
STUPRAMI MENTE E CUORE
NEUTRALIZZAMI AMORE !
NEUTRALIZZAMI

Amante di cose a caso sarò
per proteggermi da te che mi vuoi bene,
per allontanarti e per tenerti più vicino a me;
amante di cose a caso, io sarò, per te.




mercoledì 3 aprile 2013

Critica

critica:
Analisi razionale applicabile a qualsiasi oggetto di pensiero, concreto o astratto, e volta all'approfondimento della conoscenza e alla formazione di un giudizio autonomo: critica storica; critica costruttiva... 

e molto altro..

questa mattina, appena sveglia, con il solito caffè triplo in una mano, i pensieri arruffati e ancora non sistemati in una sequenza logica, la prima sigaretta della giornata (solo la prima, purtroppo), mi sono incagliata in un concetto.
forse risulterà un po' particolare il percorso che la mia mente ha fatto per giungere ad alcune conclusioni, ma appunto, i miei pensieri erano ancora arruffati e pescavo qua e la in questo guazzabuglio che avevo in testa.
l'idea originale era la mia libertà, la libertà di potermi esprimere sulle cose, di poter manifestare agli altri i miei concetti.
e poi, ho pensato che spesso questa facoltà la si da per scontata, che alla fine siamo sempre in bilico su quello che la nostra testa pensa veramente e quello che sappiamo dire agli  altri.
in fondo questa è una "non evoluzione", un timore di esporsi, di essere giudicati, talvolta di ferire...
pare strano, ma siamo più incapaci di muovere una critica propio verso coloro ai quali siamo più affezionati.
che strana società che è la nostra, che strano modo che ci hanno insegnato per affrontare le cose!
inveire contro gli altri pare all'ordine del giorno,  i battibecchi si sprecano e sembra che per affermare se stessi si debba annientare i nostri opposti.
insomma, propio sulla parola "critica" mi sono andata a perdere e sul significato negativo che troppo spesso gli attribuiamo.
e se la capacità di muovere una critica fosse direttamente proporzionale, invece, al nostro amore?
perchè a questo punto mi viene anche da pensare che siamo così abituati a tener fuori i sentimenti che non sappiamo più realmente provare amore, e volere il bene di qualcuno, e per questo bene di "qualcuno", anche andargli contro, se necessario. 
ecco, "andargli contro" ... ma quanto è radicata nelle nostre teste questa concezione negativa della critica?
in realtà non è andare contro a niente  e a nessuno,  ma solo un proporre una visione diversa, fornire gli strumenti per una riflessione, volere la crescita di quel "qualcuno" più di ogni cosa.
beh, io sono una di quelle che le critiche se le è andate sempre a cercare, che le ha stimolate sempre con una ferma volontà lucida (lucida? mah!), ma di fondo, sono una provocatrice,  questo lo so...
comunque sia, sono propio le critiche che mi son tirata dietro, anche quelle più feroci, anche quelle più ottuse,  alla fine hanno costituito il mio essere. 
oddio,  cocciuta, son cocciuta e ho sempre tirato dritto per la mia strada, strafregandomene di quello che mi veniva detto, anzi, nella migliore delle ipotesi, le andavo a cercare per poi fare l'esatto contrario. ma anche le più ottuse, le più inutili, mi hanno dato modo di riflessione. e lasciamo perdere se il più delle volte mi hanno solo convinta che stavo facendo la cosa giusta, almeno per me, per come concepisco il mondo, ma pensare, ci ho pensato...
non mi pare irrilevante il potere di una critica.
non mi pare irrilevante l'essere capaci a muoverla.
io voglio imparare a farlo e voglio che gli altri lo facciano con me.
la trovo una possibilità di uno scambio vero e non credo sia giusto sprecarla questa possibilità, la trovo un'opportunità di crescita e anche questo è qualche cosa che non dovremo buttare via.
in realtà, a volte, vorrei anche avere la libertà di non avere opinioni. sembra anche una cosa particolare da dire in questo contesto, però faccio anche volentieri  a meno delle opinioni fini a se stesse, del dover dire sempre e comunque qualche cosa,  se priva di contenuti. anche troppi lo fanno!
vorrei essere più saggia e più equilibrata, ma non lo sono.
ma una cosa la so: da chi amo mi aspetto verità e vorrei regalargli verità. da chi amo mi aspetto libertà e libertà vorrei regalargli.

UNA NOTTE AFOSA




Luce. C’è troppa luce in questa stanza così piccola. La mia mano nervosa cerca freneticamente l’interruttore e lo gira. Non ci vuole molto perché i miei occhi si abituino alla poca luce che filtra dalle veneziane tirate su. E’ la luce della città il suo cuore pulsante. Di giorno frastuono, di notte silenzio complice e traditore. Luci colorate che incantano il viaggiatore ignaro. Ma io non sono né un viaggiatore né tantomeno ignaro. Luci che ammiccano e mi chiamano, balordo tra i balordi. Come ero finito in quel buco? Guardo l’orologio che porto al polso. Un regalo avuto secoli prima, quando ancora facevo parte delle persone e non dei reietti. Sono le due di notte. Tardi per la gente che lavora, un’ora qualunque per uno come me. Insonnia. La mia compagna di sempre anche questa volta non mi ha deluso. Avevo provato a leggere ma mi era venuta la nausea ed il sonno non era arrivato. Conosco persone che usano sonniferi o magari droghe, io non sono il tipo, le cose devono accadere naturalmente e naturalmente il sonno sarebbe arrivato, se non oggi magari domani, magari mentre meno me lo aspetto, magari quando sono in bilico su un cornicione, mentre guido, mentre mangio, mentre prendo la mira per sparare. Fottuta città. Dicono che è una dea capricciosa che tutto prende. A me ha preso tutto, la dignità, i sentimenti, la ragione. Non ho più nulla da offrirle, eppure lei mi mantiene in vita, forse nel suo perverso meccanismo posso ancora esserle utile. Decido che è arrivato il momento di fumarmi una sigaretta. Allungo una mano e afferro il pacchetto che è sul comodino. 
Con gesto esperto ne faccio uscire una fuori l’afferro con le labbra e la tiro via. Cerco i cerini ma le mie dita incontrano l’accendino. Ero certo di averlo gettato, invece lui è lì ammiccante e complice. Bastardo pure lui. Il pollice scorre e la fiamma appare e per un attimo il letto la mia mano e la sigaretta prendono vita animandosi di un colore giallognolo e tremolante. Accendo la sigaretta poi mi rigiro l’accendino tra le mani e mi torna in mente una storia triste, una storia per la quale avevo deciso di smettere di fumare. Tiro una lunga boccata , il fumo invade la bocca sale e scende e mi annebbia il cervello. Chi non ha più dignità non è tenuto a mantenere le promesse, quindi posso fumare senza sentirmi colpevole. Ma io sono colpevole, lo sono sempre. Ancora una boccata e poi fisso la luce arancione del mozzicone. Promesse infrante. Sono la mia specialità. Anche la città è la regina delle promesse infrante e dei sogni spezzati. Dovevo fumare o quella notte non avrebbe avuto fine e sarebbe sembrata ancora più squallida e soffocante. Dalla finestra socchiusa non un alito di vento. Notte afosa. Notte fottuta. Il sudore mi cola sulla fronte, fastidioso e petulante come un insetto. Rumori rari e distanti vengono dalla strada. Voci lontane liquefatte dal caldo, stridio di gomme sull’asfalto. La città non dorme mai, al massimo si riposa. A quell’ora la città fa da cornice ai delinquenti alle puttane ed ai disperati, il mio genere la mia razza. Guardo di nuovo la sigaretta, tiro un ultima boccata e poi la spengo deciso nel portacenere. E’ facile spengere una sigaretta almeno quanto lo è spengere una vita. Entrambe bruciano velocemente e muoiono per mano dell’uomo. Stasera mi sento un poeta. Questa stanza mi da sui nervi, il caldo mi da sui nervi. Pigramente mi alzo ed al buio sbatto contro la sedia. Impreco. Barcollando cerco i pantaloni. Al buio mi vesto. Di solito ci si spoglia, magari mentre una bella donna, o semplicemente una donna, ti aspetta vogliosa nel letto. Ma non stanotte. Fa troppo caldo, sono troppo fuori di testa per sentire una tale necessità. Metto in tasca quello che mi serve. Non per tutti sono necessariamente le stesse cose. E’ soggettivo. Apro la porta e me la chiudo alle spalle. Il corridoio è caldo come la stanza e puzza di più ma mi sembra che sia più fresco, che mi faccia respirare meglio. Mi allontano da quella porta con un vago senso di vittoria. Ho preso la mia decisione anche per stanotte. Non male per uno come me. Esco dal portone e mi ritrovo in strada. Le insegne luminose delle pubblicità e dei locali equivoci non mi danno noia come quella della stanza. Sono ammiccanti, complici, mi salutano come vecchi amici di bagordi. Scuoto la testa. Il caldo da alla testa non c’è dubbio, ma io che la testa l’ho persa da tempo? Una cosa su cui riflettere, in effetti. Ma si riflette meglio davanti ad un buon bicchiere. Le mie idee migliori le ho sempre trovate nel fondo di un bicchiere o di una bottiglia. Non sono mai stato molto originale. In fondo al vicolo alla mia destra c’è un bar uno di quelli aperti ventiquattrore su ventiquattro. Le mie gambe sanno cosa fare, dove andare. Mi fermo davanti alla vetrina sporca e con l’insegna mezza fulminata. E’ aperto. Mi sarei stupito del contrario. Entro ed il barista mi squadra cupo. Sono solo un altro sbandato nella notte. Soldi facili. Non c’è molta gente. 
Due ubriachi che stanno smaltendo la sbronza dormendo riversi su uno dei tavoli e due papponi con le loro puttane. Sono giovani ma sfatte dal caldo e dalla stanchezza. Non è un lavoro facile il loro. Io le ho sempre rispettate. Sono donne forti e deboli al contempo. Un enigma che mi ha sempre affascinato. Una volta avevo una donna ed era mia. Adesso per avere una donna devo pagarla. Infondo tutte le donne hanno un prezzo e le puttane sono quelle più a buon mercato, ci sono donne che costano addirittura tutta una vita. Un prezzo spropositato ma che una volta ero disposto a pagare. Una volta. Mi siedo al bancone ed ordino un doppio whisky. Il barista si sposta pigro come se ogni movimento gli costasse il triplo della fatica. Le ventole sul soffitto del locale non producono alcun effetto. L’aria è così ferma e umida che nulla la smuove. Le vedo girare riflesse sulla superficie del bancone. Si muovono ma non accade nulla è esasperante, soffocante. Lentamente bevo il mio drink. Non mi aiuta, ma non ho trovato di meglio. Forse se esco e faccio due passi magari trovo quello che cerco. Getto i soldi sul bancone ed esco dal locale. Mi sento rallentato come una sequenza ad effetto di un film poliziesco di terza categoria. Infilo le mani nelle tasche sformate dei jeans e muovo un passo davanti all’altro. Sembra facile, ma in quel momento solo una forte concentrazione mi permette di farlo. A camminare s’impara da piccoli a barcollare lo si fa da grandi. Sbuco su una strada di cui non ricordo mai il nome e ad un centinaio di metri vedo un gruppo di balordi appoggiati ad un lampione. Mi avvicino e sento uno strano odore. Stanno fumando, ma non sono sigarette. E’ crack. Non si vergognano di farsi sul marciapiede. Non li spaventa nulla, nemmeno che possa passare una pattuglia. La notte è loro, la città glielo permette. Cerco di non guardarli e passo oltre. Fa caldo, troppo caldo. Non voglio guai stanotte, vorrei solo dormire. E poi la luce di quel fottuto lampione mi da noia, mi ferisce gli occhi ed i miei occhi sono stanchi e vorrebbero solo smettere di vedere almeno per un po’. Abbassare le palpebre e fottersene di tutto e di tutti. Fare finta che tutto vada bene, che tutto sia bello come in una stucchevole favola di Disney. So che non andrà così.  Faccio pochi passi e la voce impastata di uno dei balordi mi apostrofa in modo pesante. Non so perché un uomo che gira da solo di notte debba essere per forza un finocchio. Me lo sono sempre chiesto. A quel richiamo seguono urla, risate convulse ed un dettagliato resoconto di quello che vorrebbero fare con il mio culo. Continuo per la mia strada indifferente. Sono in quattro ed io sono da solo e non al massimo della forma. Forse se li ignoro loro ignoreranno me. Una cazzata. Io lo so, loro lo sanno. Sento rumore di passi in corsa. Mi fermo e mi volto. Sono fuori di testa ma non così tanto. Quello che mi è venuto dietro è giovane, ben piantato ha tatuaggi sul volto ed è rasato a zero. Davvero un gran brutto elemento. Mi dice che vuole che glielo succhi. Come faccio a dirgli che non è il mio tipo senza offenderlo? Lo guardo come se fosse un marziano e lui s’incazza. E’ evidente che il mio atteggiamento non gli piace. E’ fatto fino agli occhi è pericoloso e lo dimostra subito. Mi sferra un cazzotto violento allo stomaco. Arretro barcollando senza fiato, piegato in due. Sento le risate degli altri che si avvicinano. Il mio culo è a rischio, in tutti in sensi. Non è il momento di piangersi addosso, potevo farlo fino ad un attimo prima, adesso è un lusso che non posso permettermi. Ma sono stanco accaldato, annebbiato e senza fiato. Il secondo colpo parte e mi prende al volto. Cado a terra e sento il sapore ferroso del sangue che m’impasta la bocca. Nausea. Sto per vomitare ma devo resistere, posso farcela. L’apatia mi avvolge ancora nelle sue spire, nemmeno la paura la smuove. Sento male ma non come avrei creduto. Di nuovo quel fottuto film a rallentatore. Qualcuno mi afferra per i capelli. Il dolore pervade tutto il corpo come un’esperienza mistica. Mio malgrado sono costretto ad alzarmi. Davanti a me tanti volti, cento, mille. Metterli a fuoco non è facile. Poi mi accorgo che sono solo in quattro, i soliti quattro di prima. Menomale avevo creduto che si fossero moltiplicati. Sono davvero fortunato. Questi sopportano il caldo peggio di me. Con il dorso della mano mi pulisco il sangue dalla bocca ma lui continua a colare. Mi hanno mollato i capelli ma mi hanno circondato. Vogliono solo giocare. Chissà cosa credevo. Si avvicinano. Parte un altro colpo, alle spalle. Cado in ginocchio sul marciapiede e vomito. Ridono sguaiati. Cosa ci sarà di divertente a guardare uno che vomita? Un calcio mi colpisce sul fianco. Sono senza fiato, sudato e comincio ad incazzarmi veramente. Io ero uscito per camminare e non per discutere con chicchessia. Non ho voglia di discutere, l’afa non facilita le mie doti comunicative, sono sempre stato un disastro nei rapporti interpersonali. Volevo solo una fetta di notte da godermi in santa pace. Perché la gente pensa sempre che quello che va bene per lei debba andare bene anche per gli altri? Io sono uno che lascia agli altri la libertà di scegliere quello che vogliono fare, gradirei che anche gli altri facessero lo stesso con me. Mi alzo barcollando. Me lo lasciano fare, fa parte del gioco. Colpire un soggetto in movimento è più divertente. Sono d’accordo. Faccio profondi respiri fino a quando mi sento più saldo sulle gambe. Loro ridono e m’insultano. Davanti a me il tizio che mi ha colpito per primo. Barcollo esagerando il movimento, faccio finta di cadere e mi avvicino, poi all’improvviso scatto e gli piombo addosso. Serro il pugno e picchio. Il rumore della cartilagine del naso che si spacca mi da soddisfazione. Stranamente il mio braccio scatta rapido prima che gli altri reagiscano, l’ho colpito ben tre volte. Ha la faccia coperta di sangue e crolla a terra come un sacco vuoto. Non provo nulla, nemmeno dolore alla mano. E’ come se il mio corpo agisse da solo ed io me ne stessi da un’altra parte a godermi lo spettacolo. Una sensazione strana, brutta e pericolosa. La mia reazione li ha colti di sorpresa. Sono spiazzati, ma quando vedono il compagno cadere a terra si riscuotono.
Il loro orgoglio ferito li fa scatenare. Alla luce del lampione poco distante brillano le lame di affilati coltelli. Non mi stupisco. Era una logica conseguenza. Mi meraviglio, anzi, che non li avessero già tirati fuori. Urla ed insulti. Si danno la carica. Ho poco tempo. Affronto il primo e lo disarmo con un calcio. Mi chino rapido e raccolgo il coltello. Sono io così veloce? Da quando? Forse è perché il mio corpo lavora da solo mentre io guardo da chissà dove. Mi metto in posizione in attesa del nuovo attacco. Il combattimento con i coltelli non è mai stato il mio forte. Preferisco di gran lunga una bella Glock calibro 45, facile, pulita e veloce. Fa rumore, questo è vero, ma ti permette di mettere fine ad una discussione da distanza e senza sudare eccessivamente. E stanotte sto sudando come una bestia. Una cosa che mi da molto fastidio. Si fanno sotto, ma in quel momento l’ululato di una sirena squarcia il velo pigro e afoso della notte. Sembra vicina, sembra proprio che stia per arrivare lì. I tre teppisti superstiti si guardano in faccia, poi mi guardano. Ci stampiamo nella mente le nostre facce. Non si sa mai, magari potremmo anche incontrarci di nuovo. I coltelli spariscono nelle tasche dei loro pantaloni da rapper e si dileguano veloci come gazzelle nella savana. Faccio profondi respiri. La faccia mi fa male e pure le reni ed il fianco per non parlare del cuoio capelluto. Il coltello mi brilla nella mano. L’urlo della sirena si dilegua nella notte. La pattuglia è passata vicina diretta altrove, ma è bastata allo scopo. Guardo il tizio steso a terra. Begli amici. Lo hanno mollato alla mercé del nemico. Non ci si può più fidare di nessuno. Mi viene voglia di piantargli il coltello in gola. Farei un piacere alla città. Ma stasera non la sopporto e non mi va di farle un piacere, lei ultimamente non me ne ha fatti molti. Richiudo il coltello a serramanico e lo metto in tasca, non si sa mai. Mi avvicino al teppista e con grande soddisfazione gli sferro un calcio nel costato. Tanto per mettere in chiaro che non sono un finocchio e che non lo succhio a nessuno.Una notte di merda, una delle tante, e ancora non è giunta al termine. Cosa dovo aspettarmi? Mi allontano infilando le mani in tasca. Sento il pacchetto delle sigarette. Lo tiro fuori e ne prendo una. Di nuovo quel maledetto accendino, ancora la sua fiamma seducente. Il sapore del tabacco invade i miei polmoni. Veleno, suadente, come il bacio traditore di una donna. Faccio alcuni tiri socchiudendo gli occhi. Ha uno strano sapore, sarà il sangue che ancora m’impasta la bocca. Non è un bel connubio, ma aspiro con soddisfazione. Dopo una bella scazzottata ci sta proprio una sigaretta, esattamente come dopo una bella scopata. Vedo delle puttane appoggiate al muro, mi guardano ma non si muovono. Non devo avere un bell’aspetto. Nemmeno loro lo hanno. Forse avrei bisogno di un bella doccia fredda. Getto il mozzicone della sigaretta in mezzo di strada. Forse dovrei tornare nel mio buco, forse dovrei fare il bravo ragazzo e mettermi a letto. Forse. Passeggio pesante senza avere una meta. Magari arrivo fino al fiume e aspetto che arrivi l’alba. Magari nel frattempo trovo qualcuno che mi pianta una pallottola in fronte o mi apre la gola con un coltello. Magari era meglio se non lasciavo la mia Glock in quella fottuta stanza. 
Dicono che la grandezza di un uomo si misura dai ciò che ha fatto. Forse mi daranno una medaglia, forse un orologio d’oro quando andrò in pensione o forse daranno a mia madre una bandiera ripiegata ad arte ringraziandola per il servizio che suo figlio ha reso al paese. Ho perso il conto dei giorni. Sono come un detenuto in attesa del giorno dell’esecuzione. Il mio lavoro salverà delle vite, e permetterà a qualcun altro di farsi fotografare mentre stringe la mano al sindaco. Ma è il mio lavoro e lo so fare maledettamente bene.
Mi appoggio alla balaustra e guardo scorrere il fiume, pigro e maestoso. Anche lui sente l’afa della notte. Quando l’alba renderà argentati i grattacieli avrò alle spalle un’altra notte insonne e davanti a me un altro fottuto giorno da infiltrato. Infilo la mano in tasca e prendo un’altra sigaretta. Fanculo alle promesse. Quelle sono per i bravi ragazzi ed io non lo sono. 
FINE

lunedì 1 aprile 2013

NEL MIO MONDO DEI SOGNI 5


L'INCUBO


vittime delle nostre energie rinnegate.


La paura allora diventa un espediente usato dalla psiche per agganciare la nostra attenzione su qualcosa che ha bisogno di essere portato alla luce.

Gli incubi per me sono il lato b dei sogni, un po' come il lato b della vita che lo associo ai momenti bui: come nella vita, anche il lato b dei sogni va affrontato per trarne un insegnamento. Con la comprensione di questo tipo di sogno abbiamo già fatto la maggior parte del lavoro per il lato b della nostra vita.
Perchè siamo consapevoli del problema, di cosa ci blocca...ecc ecc
Prendiamo in considerazione quest'equazione per comprendere meglio cosa sono gli incubi:

Incubi = se rinnegati

Energia rinnegata e repressa debba essere riportata alla luce , nel sogno c’è un messaggio per noi che riguarda la nostra maturità, la nostra evoluzione…c’è qualcosa che può esserci utile, che noi non vediamo e che, nell’arco del tempo, abbiamo colorato con le tonalità dell’ombra.