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lunedì 18 febbraio 2013


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Lord Horn sbatté le palpebre un paio di volte come quando uno si sveglia da un sogno ad occhi aperti. 
- … Stavamo dicendo? 
Riprese l’uomo come un disco che fosse stato interrotto. Non finì la frase perché lo stupore, ma soprattutto la paura, lo zittirono di colpo. L’amico lo guardò preoccupato dal suo improvviso pallore e dal suo tremore incontrollato 
- Henry stai bene? 
Lord Horn lo indicò con mano tremante balbettando parole senza senso. 
- Per l’amor del cielo!! .. Cosa hai? .. Cosa ti succede? 
Urlò Rupert afferrandolo per le spalle. L’amico cercò di svincolarsi dalla stretta indicandogli lo specchio appeso alla parete alle sue spalle. 
- Il … Il tuo volto – riuscì a sillabare con un filo di voce. 
Rupert si voltò di scatto e con due falcate si diresse verso lo specchio. Si guardò e solo per miracolo non svenne. L’immagine che gli rimandava la superficie liscia ed infida dello specchio era la sua ma con almeno trent'anni di meno. Lo shock fu tremendo. Rupert si portò le mani al volto con l’intenzione di togliersi dalla faccia quella che lui credeva essere un’assurda maschera. Ottenne solo di farsi male, mentre l’amico lo guardava ammutolito. 
Il suo cervello si rifiutava di collaborare, ma soprattutto di dargli una spiegazione logica a quella visione così surreale. Fissava sé stesso trent’anni prima con lo stesso orrore con cui avrebbe fissato un mostro. L’ingresso di un cameriere sbloccò quella situazione. Tenendosi un braccio davanti alla faccia schizzò fuori dallo studio quasi travolgendo lo stupefatto servitore. Arrivò nel cortile come un pazzo furioso, spintonò l’autista, che stava parlando con il giardiniere, e s’infilò nella Rolls. Nel tempo che l’autista si riprese da quell’improvvisa apparizione lui aveva già messo in moto ed era partito con gran stridio di gomme, sollevando una nuvola di polvere e di ghiaino. Tutti rimasero straniti a guardare l’auto che si allontanava a folle velocità. Lord Horn arrivò accompagnato da un cameriere e guardando la Rolls varcare i cancelli della villa si fece il segno della croce mormorando qualcosa. La voce dell’autista lo fece tremare ancora di più. 
- Non capisco .. Lord Winston non ha mai saputo guidare .. Perché era Lord Winston vero? 
Tutti lo guardarono ma nessuno fiatò. Le sue parole rimasero sospese nell’aria, diventata all’improvviso soffocante, come un brutto epitaffio. 
Rupert guidava senza quasi rendersene conto, andava così forte su quella strada di campagna, fuggendo da quella immagine raccapricciante che in cuor suo sperava fosse rimasta incollata allo specchio. Prese una curva sbandando pericolosamente, ma dopo poche centinaia di metri dovette inchiodare. La Rolls s’intraversò di lato andando a fermarsi a pochi centimetri dalla testa di una donna riversa sulla strada. Rupert rimase per alcuni secondi con la fronte appoggiata sul volante, poi scese in preda ad una agitazione indescrivibile. Si avvicinò al corpo e si chinò per sentirle la vena del collo, non trovò alcun battito. Spaventato a morte voltò il corpo a faccia in su . il volto della giovane donna era bellissimo, lievemente escoriato era di un staticità scultorea, l’abito di un rosso cupo era a brandelli ed i lunghi capelli biondi erano sparsi sul selciato come tentacoli di una piovra. Rupert rimase a bocca aperta per lo stupore e fu in quel momento che un denso fumo nero uscì dalla bocca della donna per insinuarsi nella sua. Lentamente lei aprì gli occhi e quando li spalancò del tutto le sue iridi, nere come il carbone, lo trafissero come una coltellata. Si piegò su sé stesso rimanendo senza fiato per un attimo, poi lentamente si tirò su con una luce nuova negli occhi. Adesso erano freddi e sfuggenti come il ghiaccio. La giovane donna si mise a sedere e gli porse la mano, lui l’aiutò ad alzarsi e le tenne aperto lo sportello. La scena si svolse nel più assoluto silenzio, anche la natura attorno si era zittita spaventata da ciò a cui stava assistendo. La Rolls ripartì senza fretta. Nell’abitacolo nessuno parlava. La fanciulla lo guardava estatica, rapita dal suo nuovo volto, dal suo corpo snello e scattante e da quegli occhi freddi che sembravano voler perforare la strada. Arrivarono alla villa di Lord Winston. Rupert scese e le aprì lo sportello aiutandola a scendere. Il maggiordomo era sulla soglia, ma appena vide quel volto familiare ma straniero si pietrificò. Rupert non lo degnò di uno sguardo ed entrò tenendo la compagna per mano. Edward gli corse dietro piuttosto scosso. 
- Lei chi è? … Cosa ci faceva sull’auto di Sir Rupert? Dov’è milord? .. E questa signora chi è? 
Rupert si voltò e lo guardò annoiato trapassandolo con il gelo del suo sguardo 
- Io sono il tuo Signore stolto .. E lei è la mia Signora – disse con voce profonda e sensuale 
Il maggiordomo impallidì 
- Mi stai infastidendo .. Prepara la camera della Signora se non vuoi che ti punisca!! 
Le gambe del povero maggiordomo si mossero senza che lui lo volesse realmente, e prima che se ne rendesse conto stava salendo le scale per andare al piano superiore dove c’erano le camere da letto. 
Rupert condusse la fanciulla nello studio e solo con la forza dello sguardo fece ruotare la chiave chiudendo la porta. 
- Questo corpo è magnifico – esordì guardandosi le belle mani curate - Molto meglio di quello di quel vecchio rigattiere stupido e bigotto. 
Si avvicinò alla fanciulla che lo guardava con sviscerata adorazione. Le prese il volto tra le mani e le sue escoriazioni scomparvero, l’abito tornò come nuovo ed i suoi lunghi capelli si ricomposero il morbidi boccoli che le scendevano sulle spalle bianche e sensuali. 
- Veronica! … - disse guardandola negli occhi - .. Sei un angelo!! 
Dopodiché scoppiò in una risata sorda e raccapricciante. Si voltò verso la scrivania e vide l’antico libro medievale. Si sedé ed iniziò a sfogliarlo, poi lo chiuse con decisione 
- Questo non ci serve più, dico bene Veronica? 
La fanciulla annuì avvicinandosi al tavolo, prese il libro dalle mani di Rupert e lo aprì alla pagina dove il suo nome appariva scritto a lettere di fuoco. Strappò la pagina e se la mise nello scollo. Rupert rise. 
- Sei vanitosa, piccola strega, ma è uno dei peccati che apprezzo di più assieme alla lussuria. 
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Riprese il volume e tenendolo con ambo le mani iniziò a stringerlo. Lente spire di fumo si alzarono dalle dita che divennero ben presto incandescenti. Piano, piano il libro cominciò a bruciare e nel giro di pochi secondi non rimase che cenere. Sul volto di Veronica un sorriso compiaciuto. Si portò le mani al petto e si avvicinò alla portafinestra. Il sole stava ormai cedendo le armi al crepuscolo, i colori del cielo erano inquietanti, straziavano il cielo come violente coltellate. Tutto il parco della villa sembrava incendiato, la bassa luce del tramonto inondò la sala e Veronica. Tra le lunghe ombre dei mobili proiettate sul pavimento la sua non c’era. 
La cena fu servita in un vero clima di terrore che sembrava divertire moltissimo il nuovo padrone e la sua signora. Il povero Edward sembrava una marionetta comandata da fili invisibili ed il resto della servitù si affrettava ad ubbidire per non fare la sua stessa fine. Tutte le tende erano state tirate, la luce elettrica era stata sostituita da quella di diversi candelabri riesumanti per l’occasione, l’atmosfera era lugubre ed opprimente. 
- Questa è la mia festa, il mio ritorno. Adesso che il sigillo è stato spezzato non sarò più prigioniero. Anche questo fantastico mondo di peccatori sarà mio!!! .. Non è magnifico mia piccola Veronica? 
Lei annuì sorridendo fatale. 
- Presto avrò un corpo immortale … Potrò esercitare il mio potere malefico su tutto e su tutti, ho te Veronica, il mio ponte verso questo mondo pieno di stupende miserie e di malvagio egoismo. Un vero giardino delle delizie!!! – rise in modo raccapricciante e guardò la fanciulla con sguardo penetrante - .. lo so cosa stai pensando mia piccola strega … Ti stai chiedendo perché ti ho tolto l’uso della parola. 
Si alzò e con un gesto ordinò all’atterrita ed impotente servitù di andarsene. Una volta rimasti soli si avvicinò alla fanciulla. 
- Una semplice precauzione, mia cara. Senza voce non potrai ordire nulla ai miei danni in questa delicata fase di transizione. Niente voce, niente formule, niente invocazioni, nessuno tipo di sortilegio .. – le sfiorò la scollatura dell’abito - .. Senza verbo anche quel foglio che tieni nello scollo, sarà inutile … Le donne ne sanno una più del diavolo .. In tutti questi secoli di prigionia ho imparato la lezione. 
Veronica portò la mano al seno come se qualcosa l’avesse colpita, lo guardò con occhi fiammeggianti. 
- Non fare l’indignata … Con me non puoi fingere. Sei una mia creatura e quindi ti conosco .. – si bloccò sfiorandole una guancia - .. Ti conosco e mi piaci, sei così indegna, uccideresti chi ti ha dato la vita .. Sei il mio sogno più esaltante. 
La sua voce si fece bassa e lontana come un eco. Afferrò la fanciulla per le braccia e si piegò su di lei avvicinando il volto al suo. La trascinò a terra e lei sentì la voce premere dentro la sua bocca senza poter uscire, le sue urla mute soddisfecero l’ego del suo padrone. La stanza si riempì di fiamme altissime, mentre fuori la luna piena sembrava guardare dalle finestre quello spettacolo demoniaco pallida e spaventata dal potere malvagio che entro breve sarebbe dilagato sulla terra. 
La residenza di Lord Winston era diventata una prigione. Una forza soprannaturale costringeva tutta la servitù a rimanere nella villa ed a servire il nuovo padrone. Anche gli animali della tenuta erano spaventati e stavano lontani dalla villa nascosti nei recessi del grande parco. I cani da guardia erano così irrequieti che una mattina il guardiacaccia li trovò nel cortile con la gola sbranata. Si erano azzannati a vicenda. Al pari degli animali, anche Veronica si aggirava irrequieta per le stanze della villa, sembrava alla ricerca di qualcosa. Solo Rupert era tranquillo. Il giorno non usciva mai, la luce del sole lo feriva, solo la notte si concedeva qualche uscita, ma per lo più se ne stava nella sua stanza o nello studio. Tutta la casa era comunque impregnata della sua presenza come un odore sgradevole che inevitabilmente si spande in ogni anfratto. La servitù temeva anche Veronica. Essa ordinava e puniva in modo crudele, sopperendo alle parole con gli atti, molte volte si divertiva ad entrare nei loro sogni trasformandoli in incubi orribili, così reali da portare quasi alla follia. Rupert si esaltava ogni giorno di più. La fase di transizione stava volgendo al termine e lui si sentiva ogni giorno più forte, pronto a conquistare il mondo degli uomini. Arrivò così il giorno in cui poté uscire fuori in pieno giorno. Si fece accompagnare da Veronica in una passeggiata a cavallo per la tenuta. Veronica gli cavalcava al fianco estatica, era così bello con i capelli al vento ed i suoi profondi occhi resi brillanti dal riverbero del sole. Rupert respirava a pieni polmoni l’aria frizzante del mattino, sentiva quel corpo, ormai quasi del tutto immortale, appartenergli sempre più. Era vivo e padrone della sua forma umana, una sensazione inebriante. Impennò il cavallo e partì al galoppo, Veronica gli fu dietro. Si fermarono dopo una lunga galoppata e lui la guardò con occhi cattivi. 
- Sono vivo!! … Finalmente posso iniziare ad agire, niente e nessuno potrà più fermarmi!! .. Nemmeno tu mia bella ed infida strega! .. Nemmeno tu!! 
Veronica sorrise e si strinse nelle spalle come a significare che lei a quelle cose nemmeno ci pensava. 
- Sei una bugiarda … Come tutte le mie creature .. Una volta ottenuta la libertà ti saresti sbarazzata di me, ma io sono più furbo Veronica .. Tu mi appartieni in ogni fibra!! 
Così dicendo serrò il pugno con violenza e lei cadde da cavallo, cominciando a contorcersi per terra come in preda a spasmi mortali. Rupert serrò il pugno fino a farsi diventare le nocche bianche e dalla sua bocca muta urli silenziosi sembrarono lacerare l’aria. Lentamente riaprì la mano ed i suoi spasmi cessarono fino a che non rimase immobile sul prato, come morta. Rupert spronò il cavallo ed al galoppo tornò verso la villa. Passarono alcuni minuti e Veronica riaprì gli occhi. Con dolore e fatica si mise seduta, il nero delle sue iridi era dilagato in tutto l’occhio rendendoli bui e profondi come la notte. Si levitò da terra. Il cavallo nitrì spaventato e fuggì via. Un fumo scuro e denso si alzò da terra avvolgendola, quando si diradò al posto di Veronica c’era una grossa e bellissima pantera nera. Il felino scattò senza indugio verso la villa. In quel momento il vento portò il lieve rumore dei rintocchi delle campane della torre del vicino paese. 
Era mezzogiorno. La tavola era apparecchiata per il pranzo. Rupert si sedé con aria soddisfatta ed i camerieri iniziarono a servirgli le portate, nessuno parve fare caso alla mancanza di Veronica. All’improvviso la grossa pantera irruppe nella sala frantumando i vetri di una delle portafinestra che davano sul giardino. La servitù fuggì in preda al panico. Rupert si alzò lentamente con un ghigno diabolico sulla faccia. 
- Veronica … - disse ridendo. 
Non finì la frase perché l’animale, con un balzo rapidissimo, gli saltò alla gola addentandogliela. Rupert urlò mentre un copioso fiotto di sangue nero spruzzò il muso della bestia. Caddero entrambi a terra. Gli occhi di Rupert divennero rossi, spalancò la bocca lanciando fiamme verdastre. L’animale si allontanò ringhiando ferocemente e limitandosi a girargli attorno. Rupert si portò una mano alla gola squarciata e lentamente la ferita si rimarginò senza lasciare alcuna traccia. Puntò il braccio sulla pantera e strinse il pugno ancora una volta. La belva cadde di fianco ringhiando spaventosamente, si contorse per alcuni attimi, poi al suo posto comparve Veronica. Rupert riaprì il pugno. 
- Sei una stupida!! – disse con ancora gli occhi fiammeggianti e con un voce profonda e lontana che metteva i brividi - … Quando capirai che contro il Principe tu non puoi nulla?! Né tu né nessun altro!! 
Si voltò ed uscì dalla stanza lasciandola a terra priva di sensi. 
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Quando Veronica si svegliò era già notte alta. Era sola. Si alzo lentamente, apri le mani volgendo i palmi in alto e vi guardò. Rupert stava dormendo di un sonno agitato, completamente bagnato di sudore. Sorrise ed annusò l’aria, soddisfatta constatando che la sua presenza era limitata alla sola stanza da letto. Con passo leggero si diresse allo studio e vi si chiuse dentro. Liberò la scrivania da ogni cosa poi dallo scollo dell’abito estrasse la pagina del libro che era riuscita a salvare. La stese sul ripiano e iniziò a guardarla intensamente. Flebili spire di fumo si levarono dal foglio ed il nome di lei divenne nuovamente incandescente. I suoi occhi divennero completamente neri, come era già successo nel parco, spalancò la bocca ed al posto dei denti apparvero le zanne della pantera ancora intrise del sangue di Rupert. Iniziò a ringhiare piano, poi sempre più forte fino a che il sangue, ormai tornato liquido, cominciò a colare sopra il suo nome. Le macchie dense e nere scivolavano dalle zanne con esasperante lentezza. Fremiti convulsi la scossero, l’abito prese fuoco così come i capelli. Un sibilo acuto invase la stanza era lo sfrigolio del fuoco che racchiudeva le urla di Veronica che si liberarono scuotendo l’aria. La luce della luna tremava al di là dei vetri, troppo debole per illuminare la scena. Presto l’intero foglio fu intriso dal sangue. Le fiamme cessarono e Veronica apparve come la prima volta, il volto scorticato, l’abito ed i capelli bruciati. La magia di Rupert era stata spezzata, su di lei non aveva alcun potere. Un vento fortissimo spazzò l’intera stanza ma lei non si mosse. Intinse l’indice nel sangue e su un foglio bianco scrisse il nome della Bestia, la casa tremò fin dalle fondamenta. Lo intinse di nuovo e questa volta scrisse la formula per invocare il demonio, ma la scrisse al contrario, da destra verso sinistra, con tutte le lettere rovesciate come se avesse dovuta leggerla allo specchio. Rupert si svegliò di colpo, sudava sangue. Senza potersi opporre il suo corpo lasciò il letto ed uscì dalla stanza diretto verso lo studio. Attraversò la porta senza aprirla e si fermò davanti a Veronica che con le fauci spalancate, gli occhi neri ed i capelli ondeggianti sulla testa come tentacoli teneva entrambe le mani sul foglio intriso di sangue. Cercò di reagire, ma il sangue che perdeva portava con se le sue forze. Strinse il pugno ma non successe nulla. Lentamente Veronica alzò il foglio verso di lui e le parole scritte sopra iniziarono a muoversi minacciose costringendolo a cadere in ginocchio. Gridò, facendo esplodere tutti i vetri della casa. Il foglio incombeva su di lui, il suo corpo iniziò a deformarsi come se fosse stato fatto di cera sciolta. La voce uscì dalla sua bocca senza che lui lo volesse iniziando a dire frasi sconnesse e senza senso, stava cercando di resistere, ma alla fine fu costretto a cedere ed a leggere la formula, così come era scritta, alla rovescia. Una fiammata verdastra divampò dal corpo ormai irriconoscibile di Rupert, contorcendosi rabbiosamente. Tra quelle fiamme Veronica riconobbe il suo signore e padrone, la voce che ne scaturì fu spaventosa. 
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- Maledetta!! .. Hai usato il mio sangue e la mia voce perché mi evocassi nella seconda notte di luna piena della mia transizione!! .. Tu lo sapevi!! .. Sapevi il mio segreto … Tu!!! 
La voce si spense lentamente fino a diventare un sussurro, lieve come il vento. Il fumo verde scomparve risucchiato dal pavimento con vorace velocità e le pareti della stanza tremarono stringendosi ed allargandosi come un torace che respirasse piano. Steso a terra il corpo di Rupert stava riacquistando il suo aspetto originale, stava tornando ad essere quello di Lord Rupert Winston colonnello della Regia Marina Britannica in pensione. 
Veronica cadde a terra esausta. Il suo respiro si fece regolare e lentamente si alzò e si accostò al corpo privo di sensi del lord. Si guardò attorno. La luce della luna sembrava essersi fatta di nuovo coraggio ed era entrata nella stanza illuminandola con la sua luce spettrale e pallida. Veronica volteggiò su sé stessa con lo sguardo esaltato ed un sorriso vittorioso sul volto. Veronica, portatrice di vittoria, il suo destino era scritto nel suo nome. Aveva vinto, era libera, aveva di nuovo un corpo senza però avere un padrone, avrebbe potuto fare ciò che voleva. Ballava euforica, ma all’improvviso le sue gambe si bloccarono e lentamente, ma inesorabilmente, il suo corpo iniziò a tramutarsi in porcellana. Si guardò attorno disperata cercando di aggrapparsi ai mobili, come per evitare di venire risucchiata di nuovo dentro la maledizione che l’aveva resa prigioniera per tutti quei secoli. Rivolse gli occhi al cielo, avrebbe voluto urlare tutta la sua rabbia, ma il suo urlo rimase muto ed inascoltato. Si ritrovò immobile e piccola seduta a terra accanto al corpo di Sir Rupert. I suoi occhi neri come la pece saettavano ardenti di rabbia da una parte all’altra e così avrebbero fatto per l’eternità, per la gioia ed il divertimento di ogni collezionista che l’avesse avuta nella sua collezione di bambole d’epoca. Nessuno avrebbe più potuto ridarle la vita, il portale d’accesso era stato chiuso per sempre e gli equilibri ristabiliti. Nella sua folle corsa verso la libertà non aveva tenuto conto che annullando il potere del suo padrone anche il sortilegio che l’aveva riportata in vita sarebbe stato annullato. Forse le donne ne sanno una più del diavolo, ma anche lui non scherza. 
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Il sole del mattino inondò la villa purificando tutto con il suo calore vitale. Sir Rupert si svegliò nel suo letto fresco e riposato, ignaro della tragedia che si era consumata nella sua villa e nel suo corpo. Si alzò e la prima cosa che fece fu di andare a guardare la sua bellissima bambola di porcellana. Bloccò il meccanismo, non voleva certo che quel piccolo capolavoro si rompesse, con tutto quello che l’aveva pagato. Non immaginava certo che il prezzo di quella bambola sarebbe stato altissimo, e l’avrebbero dovuto pagare tutti gli esseri umani. 

FINE




venerdì 15 febbraio 2013

Coiffeur

Giornata di fermento... questa gelida e limpida fine d'inverno in qualche modo mi stimola e poi... mi sono svegliato con una notizia che mi ha fatto notevolmente alterare!!
Tutti sanno che non sono un estimatore di Sanremo e compagnia bella eppure nelle prime serate chiunque mi mandava sms per sapere se avevo sentito questo o quell'altro "artista" (mi viene da ridere a definire cosi' i partecipanti a questa suprema kermesse delle manfrine ma vabbè....), insomma , per farla breve, il punto è questo: ieri sera c'era ospite Antony Hegarty e nessuno mi ha detto una cippalippa di niente!!!! INFAMIIIIII !!!!
Va bene sfruttiamo l'indignazione come carburante e passiamo oltre.
Katres
Interessantissima cantautrice che ho avuto modo di conoscere nel 2010 durante una sua breve permanenza a Varese. Questo pezzo, Coiffeur, esprime un concetto basilare, che si presta a piu' chiavi di lettura e che è illuminante nella sua semplicità : IL CAMBIAMENTO DI UNA DONNA PARTE SEMPRE DALLA TESTA. Ora, a dimostrazione che a volte tra uomini e donne non c'è differenza, vado a farmi il colore per dare un po' di sprint alla giornata e vi lascio con l'ottima musica di Katres



Katres - Coiffeur (Official video - 2012) 

Enjoy :) 


giovedì 14 febbraio 2013

... IN MEMORIA ....



marisamoles.wordpress.com


Sentieri tortuosi portano nei recessi dell'anima.
Li percorro incerta per paura di smarrirmi, ho con me solo la luce del cuore
ma a volte vacilla, trema e si bagna di lacrime.
Ci sono veli lacerati che celano antichi ricordi, ho paura a scostarli.
Potrebbero rivelare cose che non vorrei vedere o ricordare o sentire.
A volte sento freddo, a volte l'eco dei passi e la mia stessa ombra mi sussurrano alle spalle come un nemico in agguato.
Ci sono cento, mille occhi e tutti mi guardano dentro.
Sento il bisogno di una presenza amica, ma ormai c'è il vuoto.
Un vuoto come un pozzo fondo dal quale attingo l'acqua del ricordo.
Non lenisce la mia ferita, a volte la rende lieve a volte la fa bruciare.
Sulle volte del dolore, cupe e viola come il sole che muore, sento un eco.
Sono domande, carezzate da lievi risposte:

- Ho paura - dice la bimba
- E' solo il buio - risponde la madre - ... Dove tutto inizia e tutto finisce -
- E se mi lasci sola? -
- Tu non sarai mai sola -

Adesso, però, lungo questo sentiero tortuoso mi manca la sua mano che mi guida .......




ungrammoditutto.blogspot.com



mercoledì 13 febbraio 2013

mi scuso se rubo per un istante lo spazio musicale a claudio, che mi perdonerà, a parte poi, dirmene di tutti i colori ^_^
ma è un mio momento particolare, non ho molte parole, diversamente non saprei esprimere...




CSI - Brace

martedì 12 febbraio 2013

Uno sfogo..venuto dal profondo...


Sono arrabbiata, no, arrabbiata non descrive lo stato in cui mi trovo: sono ferocemente e ineluttabilmente incazzata.
Oggi ho avuto l'ennesima conferma che le distinzioni di razza, lingua, provenienza, credo sono una cosuccia da poco se confrontate alle differenze sottolineate da certe persone nei confronti dei loro simili.
Il razzismo è un male che affonda le sue profonde radici nei secoli dei secoli e difficilmente sarà estirpato e sicuramente non per le prossime generazioni, l'integralismo è un male anch'esso antico e ben piantato e di anch'esso ce ne libereremo tra secoli e solo con guerre e distruzione..
Sono cose che abbiamo visto fin dalla nostra nascita e qualcuno ha tentato di farci credere che i nostri grandi e ridicolissimi paesi civilizzati fanno qualcosa per appianare questi scandali globalizzati, ma la cosa che oggi mi fa venir voglia di far esplodere certe persone, a mò di palloncino punto da uno spillone, é qualcosa di più semplice ma che ha un poco a vedere con tutti i mali del mondo..
Parto dal principio: sono nata in una famiglia che alcune persone poco intelligente e razziste fino all’osso definirebbero borghese, una famiglia composta da gente che ha sempre duramente lavorato per principio, di gente che non si è mai cullata su ciò che aveva o non aveva, su ciò che gli era stato, o non gli era stato lasciato da avi secolari, di gente che crede nelle proprie idee e che nella storia ha combattuto senza nascondersi per difenderle.
Questo per dire che si, è vero, sono stata fortunata, nel minestrone vorticante delle famiglie nelle quali potevo capitare me ne è toccata una che mi piace proprio!
Ma mai, mai, mai una sola volta ho pensato di essere migliore o peggiore, per origini, di chicchessia!

La scena a cui ho assistito oggi è stata raccapricciante: una signora dell'alta borghesia, insegnante ormai in pensione e vedova di un ingegnere, ha trattato, quella che lei considera una sua proprietà, ossia la governante, come l'ultimo cane rognoso e purulento sulla faccia della terra.
Il modo meschino e lo sguardo volutamente pieno di pietà e commiserazione mentre parlava scandendo attentamente ogni sillaba alla donna alle sue dipendenze erano nauseanti. La bocca dipinta si soffermava volutamente dopo ogni parola come si potrebbe fare con una persona con problemi di comprensione o con qualcuno che non conosce la lingua e si deve aiutare con un labiale quanto mai accentuato.
Le parlava guardandola negli occhi mentre l’altra per pudore o servilismo imposto non osava alzare lo sguardo, come se sapesse che essere la governante la metteva di principio in uno scalino inferiori rispetto all’altra donna.
Una scala idealmente disegnata per redarguire ed imporsi, per far capire ai propri dipendenti che l’essere nati in una famiglia di “un certo livello socio-economico-culturale” rende migliori che essere figli di operai, muratori, sarte, facchini, commessi e qualsivoglia lavoro non comporti un introito  da permettere case in ogni località di villeggiatura in e una tessera da socio del Rotary Club o di qualsivoglia  circolo altisonante.
La stessa signora di cui sopra è umanamente prodiga di impegni nel sociale con i quali pasteggia al Rotary, e con le sue amiche disquisisce a voce volutamente alta e ben impostata di bambini africani, donne segregate, picchiate, violentate, di barboni e degli ultimi acquisti in via Montenapoleone, di cene di galà in programma per la settimana ventura, delle mete del jet set … e parla di tutto con la identica facilità disarmante!
Con la stessa verve pretende di passare dagli argomenti scomodi, ma necessari," chi ha avuto la fortuna di ricevere tanto deve anche saper restituire in buone azioni!!", a quelli leggeri e disimpegnati..il barbone, il bambino africano e la donna violentata di cui occuparsi sono impegni necessari per farsi conoscere e riconoscere tra le mura del circolo dei benpensanti.
Concludo, onde evitare di tirarla oltremodo per le lunghe..il senso del mio discorso spero sia piuttosto chiaro..
Sono sgomenta, basita, allucinata..
È mai possibile che nel 2013 conti ancora il diritto di "buona" nascita?
È mai possibile vedere scene di tale nefanda ordinarietà nascoste nelle pieghe di fruscianti gonne di seta e abitini di taffetà?
La sopracitata signora ha una faccia tosta degna del migliore dei nostri politici, dopo aver umiliato, mortificato, schiacciato la "sua proprietà" col piglio di chi ha allontanato con la mano una mosca fastidiosa, ha continuato a far conversazione con un ghigno che celava a fatica dietro gli occhiali da brava intellettuale ed il trucco curato la soddisfazione di aver riportato nel giusto scalino la sottoposta disubbidiente.
Ho usato prima il termine "diritto di buona nascita" perché in esso mi sembra, nel mio macchinoso cervello, di racchiudere lo sguardo che vedo nel volto dei ben-nati ogni qualvolta hanno la possibilità di sottomettere le "loro proprietà ".
Sembra quasi di parlare di un erotico gioco di sottomissione ma qui di divertente c’è ben poco…
Italia paese civile che mascherato da alto borghesi, nobili decaduti, ricchi fatti da un paio di generazioni e imprenditori non più di primo pelo macina dignità su dignità, amor proprio su amor proprio, umanità su umanità..
Dopo la rabbia è subentrata la vergogna..vergogna di appartenere al genere femminile se alcuni rappresentanti di esso hanno la sporca faccia di comportarsi così, (non che non vi siano uomini che non lo fanno!)vergogna di conoscere mille altre persone come la sopracitata signora, vergogna per non aver dato ascolto all'istinto e non aver schiaffeggiato questo essere indegno che con la sua buona-nascita pensa di trattare tutti come abitanti di un mondo inferiore, formichine minuscole sotto i suoi piedi.
Ciò che mi ha ferito è stato lo guardo della ragazza, umiliata, ma senza la forza di dire nulla, senza il coraggio di reagire e di rispondere a tono alla sua datrice di lavoro, senza il coraggio di guardare negli occhi la signore "borghese e ben educata"..
Conosco quella ragazza, sò che il lavoro le serve e subisce tutto in silenzio per puro bisogno. Ha notato il mio sguardo e passandomi vicino mi ha detto "non fa nulla", ha sorriso, lei, umiliata, soggiogata, malpagata, sbeffeggiata, lei ha sorriso ed ha reso  tutto ancora più terribile, inumano, inaccettabile.
Nascere è la prima cosa che ci viene donata ed imposta, nessuno di noi ha potuto decidere in quale famiglia nascere, con quale religione, credo politico e morale dover fare i conti, con quale metodo educativo o con quali possibilità venire allevati.
Quel che é certo è che ognuno deve accettare ciò che gli é capitato o scelto per lui dal destino e crescendo comprendere da se come essere, come comportarsi, le cose in cui credere.
Nascere in una famiglia di operai o in una di banchieri cambia, è vero, ogni cosa, ma chi può permettersi di giudicare quali meriti o torti hanno l'una e l'altra?
Chi può davvero dire che le sue origini lo rendono migliore di qualunque altro essere umano?
Un operaio che si spacca la schiena dalla mattina alla sera e che riesce a mantenere decorosamente la sua famiglia, che riesce a far studiare i suoi figli e che soprattutto li cresce con amore, dedizione, educazione e principi è per me un miliardo di volte migliore di una persona nata in una "buona famiglia" che nulla ha fatto ma tutto ha trovato pronto e ha semplicemente avuto fortuna..
Un ragazzo che decide di cercarsi qualche lavoretto per mantenersi agli studi ha tutto il mio rispetto e la mia ammirazione e ben poco ne ha invece il figlio di papà  con l'auto nuova fiammante che va avanti a spinte e conoscenze..
Sarà moralismo il mio, ma sono fiera ed orgogliosa di come sono stata cresciuta e di questo ringrazio i miei genitori.
E’ mai possibile che ci siano ancora persone che vivono la propria misera vita in funzione del ceto sociale..mio Dio, mi fa ribrezzo soltanto scrivere queste due parole vicine..
Ceto sociale..mi riporta alla mente i servi della gleba, lunghe file di schiavi incatenati gli uni agli altri su strade polverose, le lotte  per la parità dei diritti, le moderne pari opportunità..mille pensieri che vorticano e si sovrappongono come in uno di quei vecchi film male montati dove un immagine lascia spazio alla successiva non senza che chi guarda noti la malriuscita successione.
Mi spaventa il pensiero che non solo la signora di cui sopra pensa di avere diritti inalienabili nei confronti di persone che non sono sua proprietà, ma semplicemente persone, esseri umani dotati di intelletto, magari con maggior ragione ed intelligenza di lei, ma lo stesso pensiero coglie anche i suoi figli, i suoi nipoti e che continuerà così per tempi immemori.
Mi rifiuto di pensare che seppur educati come esseri superiori questi individui, figli di cotanta madre, non sappiano da soli capire e comprendere dove sta il giusto e lo sbagliato, l’errore e la correttezza, non sappiano davvero dare un taglio a questo gioco perverso ed atroce.
Sarò un idealista che perde in principio la sua battaglia ma sogno davvero che certa gente si ritrovi almeno per un giorno a fare la governante, la donna delle pulizie con scopa e spazzolone in mano, china a pulire un bagno oltremodo insudiciato, magari dalla propria governante, e che capisca che al mondo il diritto di buona-nascita NON esiste!
Al mondo esistono solo le persone e sono per principio tutte uguali!
La dignità, il rispetto, l'educazioni non si possono pretendere, ne si può pretendere che gli altri ce ne diano o meno solo in base al cognome che portiamo.

domenica 10 febbraio 2013

RUNAWAY!

Domenica noiosa
Domenica post-influenza con ancora una tonsilla che pare un inquilino alieno ...
Domenica con eccessiva attività mandibolare (non so nemmeno piu' identificare quello che mi galleggia nello stomaco)
Guardando fuori sembra che la primavera stia versando un bell'acconto ma in realtà le previsioni annunciano imminenti tempeste di neve..

Facciamo un rapido inventario:

medicinali vari ce li ho
scorta di cioccolato Cailler per almeno sei vite ce l'ho
succo di mango e pesca ce l'ho
lettore ebook stracolmo di libri in formato PDF ce l'ho
PC e connessione wireless per la musica ce l'ho
coperte ce le ho...

bene, direi che mi manca solo un gatto e poi i fondamentali per la sopravvivenza ad una tormenta di neve ci sono tutti.
In attesa che tutto si imbianchi ecco un'altra proposta musicale a chilometro zero: i Thinking Crew! ovvero il grupo in cui militano due dei miei piu' cari amici, Matt e Alessia.

Beh Runaway è un pezzo che da' la carica e poi il video, con i componenti del gruppo che fanno i cretini, è davvero simpatico!
Se anche voi state trascorrendo una domenica noiosa spero di strapparvi un sorriso :)

Thinking Crew - Runaway

Enjoy :)

 

sabato 9 febbraio 2013

SERAFINO E I LIBRI


Mi sembra corretto presentarmi, è il naturale e fondamentale inizio di ogni amicizia, e spero che una bella amicizia possa nascere tra le nostre emozioni. 
A me piace scrivere, adoro tradurre in parole le emozioni e mi piace farlo impugnando una solida penna e pigiando su un magico foglio bianco. E’ un passione che mi ha trasmesso mia madre, lei non scriveva ma le piaceva tanto leggere, così io scrivevo e lei leggeva, per anni è stata la mia unica ed assidua lettrice. Una lettrice di parte, ma pur sempre obbiettiva, le sue critiche mi hanno aiutato a crescere. Poi un giorno sono diventata mamma e la prima cosa che ho pensato è stata che dovevo trasmettere a mia figlia quello che mia madre aveva trasmesso a me. Mica facile. Iniziai leggendole le classiche favole, soprattutto la sera seduta sul suo lettino per farla addormentare. Non le bastavano mai, mi stancavo prima io di lei. Così un giorno mi venne l’idea di scrivere io le favole da leggerle. Tutte rigorosamente scritte a mano su un grazioso quadernino che ne ha raccolte ben dodici. Il breve racconto che vi propongo è una di queste. Scritta per incentivarla a leggere ed incuriosirla sul mondo dei libri e della lettura. Un obbiettivo che, devo dire, sono riuscita a raggiungere anche grazie a questo racconto, che era uno dei suoi preferiti. 
Adesso, grazie ad una persona eccezionale, ho trovato il coraggio di pubblicare questi miei modesti lavori, che ho creato ad uso e consumo di mia figlia ma che mi fa piacere condividere con tutti voi. 
Non saranno solo le favole raccolte nel mio piccolo quadernino ma anche racconti creati nella mia tormentata adolescenza ed altri nati nella maturità, e che spazieranno su vari generi, poiché la mia voglia di scrivere va dove la porta il cuore ed è guidata dalle emozioni che possono scaturire guardando un quadro, una foto, un paesaggio o ascoltando semplicemente una canzone. 

A tutti voi buona lettura. 

Silvia

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trainingmeta.it

Serafino era un bambino a cui non piaceva leggere. Aveva nove anni e faceva la quarta elementare. La mamma e la maestra erano disperate perché Serafino non solo non amava leggere, ma tutte le volte che gli veniva dato un libro lo gettava via o lo scarabocchiava o lo usava per farci le battaglie con i suoi amati pupazzetti degli eroi dei cartoni animati. 
Un giorno, però, accadde un fatto che cambiò Serafino per sempre. 
La maestra portò tutta la classe a visitare la biblioteca della città. Era un palazzo antico, grande e molto bello ed era circondato da un magnifico giardino. 
Potete immaginare lo sgomento di Serafino davanti a tutti quei libri. Si agitò così tanto e fece così tanta confusione che la maestra, per punirlo, chiese all’usciere di tenerlo con sé in portineria fino alla fine della visita. Ovviamente Serafino ne fu felice ma dopo un po’ iniziò ad annoiarsi. Approfittando di un momento di distrazione dell’anziano usciere, sgaiattolò fuori dalla portineria e si avventurò per l’enorme biblioteca. Era così soddisfatto della sua prodezza che non prestò molta attenzione alla strada che aveva percorso per scappare e così cammina, cammina finì per perdersi. 
La visita era durata più del dovuto, la guida che aveva accompagnato la scolaresca aveva furia di chiudere al pubblico. Mise così tanta fretta alla maestra che la povera donna sbagliò a contare i bambini e salì sul pulmino convinta di averli tutti con sé. Purtroppo, però, non era così. Serafino era rimasto dentro la biblioteca. 
Il guardiano fece il giro del grande edificio e non trovando nessuno chiuse tutto ed andò a casa. 
All’inizio Serafino trovò la cosa divertente. Correva urlando a squarciagola per tutti i corridoi, saltava sui tavoli, rovesciava le sedie e metteva a soqquadro tutti i libri che gli capitavano a tiro. Piano, piano, però, si rese conto di essere solo in quel grande edificio pieno di libri e di silenzio ed iniziò a sentire fame e freddo ed ad avere anche un po’ di paura. 
La pancia gli brontolava, ed il freddo gli faceva battere i denti. Guardò tutti quei libri, che lui trovava inutili ed antipatici e pensò che se ne avesse bruciato qualcuno gli sarebbe stato di certo più utile. Di sicuro lo avrebbe aiutato a scaldarsi. Afferrò una bracciata di libri e li gettò nel grande caminetto che si trovava nella sala di lettura. Tirò fuori di tasca l’accendino che aveva rubato al nonno, e si apprestò a dare fuoco ai libri, ma proprio in quel momento una vocina triste rimbombò nella sala. 
- Perché vuoi bruciarci? Cosa ti abbiamo fatto di male? 
Serafino si spaventò e l’accendino gli cadde di mano 
- Chi siete? – urlò – Dove siete? 
La vocina continuò 
- Siamo qui, attorno a te! .. Non farci del male! 
Serafino si avvicinò al caminetto ed uno dei libri si aprì come per magia. Il bambino fece un salto indietro spaventatissimo. 
- Siamo il libri Serafino! … Siamo nati per essere letti e capiti .. Noi amiamo molto i bambini, ma se i bambini non ci amano noi siamo tristi. Maltrattati e dimenticati le nostre pagine piano, piano si cancellano e nessuno potrà più leggerci. 
- E’ la fame che mi fa avere le visioni. 
Disse Serafino a voce alta per rassicurarsi. 
In quel momento anche gli altri libri che aveva gettato nel caminetto si aprirono. 
- Non è la fame – dissero in coro - .. E’ la tua coscienza . 
Serafino si sedette per terra ed incrociò le braccia sul petto, la paura era un po’ passata ed era spuntata la sua solita arroganza. 
- Perché dovrei leggervi se non mi piacete e vi trovo inutili e noiosi! .. Io preferisco giocare! 
- Ma con noi puoi farlo – disse un bel libro con la copertina tutta rosa - .. I tuoi giochi saranno ancora più belli e fantasiosi! 
labs.ebuzzing.it
- A che mi serve la fantasia? Io ho fame e voglio tornare a casa! E voi non potete di certo aiutarmi! 
Giù da uno scaffale volò un libro con la copertina rossa 
- Sfogliami.. -
Serafino lo afferrò con rabbia e fece per gettarlo via ma il libro iniziò a piangere e lui, per farlo smettere, lo sfogliò di malavoglia. Raccontava di un cuoco famoso che aveva cucinato per re ed imperatori ed aveva fatto fortuna. 
- Leggimi .. – disse il libro - .. E ricorda che la fantasia va nutrita esattamente come la pancia . 
Serafino, con un po’ di difficoltà, iniziò a leggere e via, via che andava avanti trovava quella storia sempre più appassionante. La sua fame, però, stava aumentando a dismisura e quando arrivò al punto di piangere per il brontolio del suo stomaco, sulla tavola apparve uno di quei meravigliosi pranzi di cui stava leggendo. Serafino urlò dalla gioia e mollato il libro si gettò su tutto quel cibo appetitoso ed iniziò a mangiare. Quando fu sazio si rimise a sedere davanti al caminetto. 
- Ma io ho freddo – si lamentò - .. Vorrei un bel fuoco per scaldarmi. 
Un altro libro volò giù da uno scaffale ed il bambino lo prese. 
- Leggimi .. – sussurrò il libro con voce delicata. 
Questa volta si narrava di una principessa così vanesia da avere tanti abiti da poter vestire tutti gli abitanti del suo regno. Serafino iniziò a leggere con curiosità e dopo un po’ gli apparve accanto un bel cappotto caldo che s’infilò tutto contento. 
- Mi manca tanto la mia mamma – piagnucolò - .. Vorrei tornare a casa. 
Dal caminetto si sollevò un libro blu con dei fregi dorati e gli volò tra le mani. Le pagine si sfogliarono veloci davanti agli occhi increduli di Serafino. 
lightaftermidnight.blogspot.com
- Leggimi - disse il libro in tono amichevole 
Serafino iniziò la lettura avendo molta cura nel voltare le pagine. Il libro narrava di cavalieri e maghi e di quanto fosse antica e potente la magia. 
Serafino lo trovò il più bello ed appassionate di tutti e s’immerse nella lettura senza distrarsi un attimo. Ad un certo punto comparve al suo fianco una bacchetta magica. Serafino l’afferrò non credendo ai suoi occhi. 
- Posso usarla!! – urlò felice - … Anch’io sono un grande mago, ho grandi poteri!! 
La sventolò con decisione sopra la testa e recitò le strane formule che aveva letto nel libro. Ci fu un gran lampo e Serafino fu come risucchiato. Volò dentro ad un tunnel di polvere di stelle ed alla fine si ritrovò nella sua cameretta. 
Serafino si precipitò fuori dalla stanza chiamando la mamma ed il babbo, che disperati per la scomparsa inspiegabile del figlio, piangevano abbracciati in salotto. 
- Sono qui!! .. Sto bene!! .. Sono tornato!!! 
I genitori increduli e felici lo abbracciarono e lo coprirono di baci. 
Una volta a letto nella sua bella cameretta Serafino chiese alla mamma di leggergli qualcosa. Lei lo guardò molto sorpresa. 
- Davvero vuoi che ti legga un libro? 
Serafino annuì tutto contento 
- Certo! .. Io voglio molto bene ai libri, loro sono miei amici. Mi aiutano a conoscere e capire ed a sognare. Ti prometto che d’ora in poi non li tratterrò più male e ne leggerò più che posso! 
La mamma pianse per la felicità e lo abbracciò. Poi prese un libro ed iniziò a leggerglielo. 
Da quel giorno Serafino non trattò più male un libro e tutte le volte che vedeva un bambino farlo gli spiegava che era sbagliato, perché i libri sono nostri amici, ci fanno sognare, ci fanno volare in mondi lontani, ci fanno conoscere popoli sconosciuti, ci fanno ridere, ci fanno piangere e ci consolano quando siamo tristi. Come dei veri amici ci fanno sempre tanta compagnia. 
I libri sono creature magiche che esistono solo per essere letti e capiti e per darci emozioni e solo se assolvono al loro compito sono felici. 


FINE 


lanuovaeresia.wordpress.com