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lunedì 18 febbraio 2013

VERONICA


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Lo sguardo scuro e profondo si muoveva velocemente da una parte all’altra come alla frenetica ricerca di qualcosa, poi all’improvviso si bloccava su un punto all’infinito perdendosi per alcuni secondi che sembravano eterni per poi ricominciare la sua ossessionante corsa. La testa immobile era coronata da lunghi boccoli biondi che si perdevano sulle ceree spalle. Un lungo abito di pizzo e tulle rosso si allargava sul morbido cuscino di velluto color ocra sul quale era seduta, calzava scarpette di raso rosso ed aveva il volto imbellettato. 
- La tua marionetta è veramente inquietante Rupert… - Disse Lord Horn sorseggiando il suo whisky - … si vorrebbe evitare di guardarla, ma il suo sguardo ti cattura e sei costretto a seguirne la folle corsa. Dove l’hai presa? 
Sir Rupert Winston sorrise compiaciuto ed ammirò ancora una volta la sua marionetta 
- L’ho trovata per caso da uno strano rigattiere in Palm Street. Pensa che non voleva nemmeno vendermela, diceva che era stata fatta per rimanere nel negozio. 
- Assurdo! – esclamò Lord Horn 
- Appunto … – continuò l’ospite - … E’ quello che ho detto anche io per convincerlo ed ho dovuto anche aggiungere una cospicua somma di denaro oltre alle parole .. – rise furbo - … Pensa ha pure un nome, a me non piace lo trovo volgare, ma quel buffo rigattiere mi ha fatto giurare di non cambiarglielo. 
Bevve un sorso della sua tisana calmante ed accarezzò nuovamente la marionetta con lo sguardo. La trovava inquietante ed affascinante allo stesso tempo. Continuò incoraggiato dallo sguardo curioso dell’amico. 
- Si chiama Veronica … Non è buffo? 
L’amico annuì poggiando il bicchiere su di un tavolinetto basso che era davanti alla poltrona e si alzò. 
- Devo proprio andare Rupert, la contessa Ferguson mi aspetta per la cena. Non capisco perché tu non voglia venire. 
- Non me la sento di ascoltare le solite maldicenze, preferisco leggermi un buon libro ed andare a letto presto. 
- Come vuoi – rispose Lord Horn mentre un cameriere lo aiutava a rivestirsi. 
Rupert guardò fuori dalla finestra. 
- C’è un nebbione incredibile Henry, sembra di poterlo strappare a brandelli, stai attento con la Rolls. 
- Tanto non sono io che guido, toccherà a Martin di stare attento. 
I due amici risero e si avviarono al portone del palazzo. Solo quando l’auto di Lord Horn fu inghiottita dalla nebbia Rupert rientrò in casa. L’umido di quella sera era insopportabile, entrava nei vestiti, nelle ossa e rendeva tutto lugubre e pesante. Il portone si chiuse alle sue spalle e Sir Rupert fu invaso da una gradevole sensazione di calore e benessere. 
Sir Rupert Winston amava gli oggetti antichi, ne aveva la casa piena. Possedeva pezzi di gran valore, praticamente tutta la mobilia, ma anche chincaglierie originali rastrellate da tutte le parti del mondo, oppure scovate in bottegucce dimenticate dal tempo come quella nella quale aveva comprato la stupenda marionetta. 
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Rientrò nello studio dove era stato con l’amico e chiamato il maggiordomo gli ordinò di servirgli la cena. Si sedé alla scrivania e sprofondò nella lettura di un antico manoscritto risalente all’età medievale che parlava di stregoneria, demoni e indemoniati. Era autentico , un vero pezzo da museo d’inestimabile valore, che era riuscito ad avere in maniera non del tutto legale. Era così assorto che non sentì nemmeno entrare il maggiordomo con la cena e quando alzò gli occhi se la trovò sotto al naso come se fosse apparsa per magia. Il libro era scritto in celtico antico e vi erano riportate anche formule magiche ed incantesimi. Ad un certo punto della serata Sir Rupert fu colto da un colpo di sonno. Lo scritto davanti ai suoi occhi si fece sfocato e le figure del libro presero come a muoversi, la testa gli si piegò sul mento. Tentò un paio di volte di rialzarla, ma la stanchezza lo vinse e cadde addormentato riverso sul grosso libro aperto. Fuori la nebbia sembrava pigiare sui vetri da quanto era fitta, si sarebbe detto che da un momento all’altro le finestre avrebbero ceduto. La tenue luce della stanza ebbe come un tremito, si spense e si riaccese. La marionetta iniziò a far roteare il suo sguardo senza che nessuno avesse azionato il meccanismo. Guardava la finestra poi il libro, il libro e la finestra poi si fissò sul Sir Rupert per alcuni secondi, riprendendo un attimo dopo la sua folle corsa. Dalla tazza di tè che il lord aveva appena toccato cominciò ad innalzarsi una flebile spira di fumo così contorta da sembrare in preda a convulsioni. Anche l’immensa libreria alle spalle dell’uomo ebbe come un fremito, tutti i libri sussultarono nel loro loculo. La finestra si spalancò senza rumore e la nebbia si insinuò furtiva nella stanza, sembrava un immenso felino freddo e sfuggente pronto a ghermire la preda. La nebbia si unì al fumo della tazza ed avvinghiati si gettarono sulle pagine del libro. La testa del lord si alzò lentamente dal tomo ed andò ad appoggiarsi sull’alto schienale dello scranno dove era seduto. Le pagine del libro iniziarono a sfogliarsi a folle velocità fino a quando si fermarono su una pagina dove era raffigurata una donna abbracciata al diavolo. La figura non prendeva tutta la pagina e sotto c’era uno scritto. Una sola parola di quelle righe si scurì fino a diventare incandescente, la parola era un nome: VERONICA. 
Dalle lettere incandescenti salì un fumo iridescente che lentamente avvolse la marionetta. Adesso i suoi occhi si muovevano a velocità pazzesca. La nebbia chiuse il libro lasciando il segnalibro di pelle alla pagina della figura. Lentamente si ritirò com’era entrata, le finestre si chiusero nel più assoluto silenzio, solo il rumore di cocci infranti turbò quella quiete irreale. La marionetta, crescendo, aveva fatto cadere tutti i soprammobili che erano sul mobile sopra al quale era stata appoggiata. 
Con estrema grazia la fanciulla che aveva preso il posto della bambola scese dalla credenza e si avvicinò all’uomo addormentato. Riaprì il tomo alla pagina che Sir Rupert stava leggendo e con estrema delicatezza gli appoggiò la testa sul volume aperto. 
I suoi occhi erano ancora più neri e profondi e bastò il loro luccichio perché i soprammobili rotti si ricomponessero tornado al loro posto. La fanciulla si stiracchiò con voluttà, come quando uno si sveglia da un lungo e pesante sonno. Roteò su sé stessa facendo alzare l’ampia gonna dell’abito rosso. I capelli erano sciolti e fascinosamente scarmigliati, non c’erano più gli ordinati boccoli e l’abito, prima tanto elegante, era quasi a brandelli ed in più punti era chiaramente bruciato, anche le scarpe erano scomparse. Sul volto bellissimo non più traccia di belletto ma solo alcuni graffi e macchie di carbone, le mani bianchissime, come il resto della sua carnagione, avevano unghie lunghe ed affilate. 
La ragazza si guardò attorno ed iniziò a curiosare fra i libri della grande libreria. Li prendeva e li sfogliava e poi li gettava a terra. In breve tutto lo studio fu nel caos più completo. Fu il lieve rumore dei passi del maggiordomo a distoglierla dalla sua opera devastatrice. Con un rapido gesto della mano rimise tutto al suo posto e nell’attimo in cui la maniglia della porta si abbassò ritornò ad essere la marionetta inanimata di prima. 
- Si svegli Sir è mezzanotte. 
Sir Rupert si tirò su piuttosto stordito. Il maggiordomo lo aiutò ad alzarsi dallo scranno. 
- La veste da camera è pronta ed anche la sua tisana Sir. 
Il lord annuì. 
- Lascia tutto com’è Edward, continuerò la lettura domani. 
Il maggiordomo annuì uscendo dietro al lord e chiudendosi la porta alle spalle. 
Quella notte il sonno di Lord Rupert fu senza sogni fatta eccezione per una immagine che lo perseguitò per tutto il suo riposo: quella di una giovane donna che veniva arsa viva ai piedi di una quercia contorta su cui appariva scritto a lettere di fuoco un nome. Fu gridando quel nome che il lord si svegliò il mattino seguente. Il maggiordomo accorse subito, la sua faccia era una maschera d’imperturbabilità quando si chinò sul lord ancora sudato ed ansimante per la visione avuta. 
- Tutto bene Sir? - chiese con la sua solita voce pacata 
- Tutto bene Edward.. E’ .. E’ stato solo un brutto sogno .. Ho forse gridato? 
L’uomo fece finta di concentrarsi un attimo 
- Si Sir .. Avete chiamato un nome. 
- Un nome? .. Quale nome? 
- Veronica .. Sir 
- Ne siete proprio sicuro? – domandò il lord piuttosto turbato 
- Sicuro come sono sicuro di sentirvi in questo momento. 
- Preparami la colazione la prenderò nel mio studio - rispose alzandosi lentamente. 
il maggiordomo lo aiutò ad indossare la vestaglia ed uscì. 
Lord Rupert entrò nello studio e la prima cosa che fece fu quella di andare a controllare la marionetta. Nemmeno lui sapeva perché, ma c’era qualcosa di strano in quella bambola, solo adesso se ne rendeva conto. La prese delicatamente fra le mani e la guardò a lungo. Il suo bel volto rispondeva muto al suo sguardo, si sarebbe aspettato che avesse parlato, invece non successe. Rimise la bambola sul cuscino invaso da una strana delusione. Una delusione profonda, indispettita come quella dei bambini. Gli fu servita la colazione ma bevve appena un sorso di tè, senza rendersene conto si era di nuovo immerso nella lettura dell’antico libro. L’attenzione gli cadde sull’elaborato segnalibro di pelle e con decisione aprì la pagina al segno. La miniatura con il corpo del diavolo e della donna avvinghiati balzò ai suoi occhi come se fosse stata viva, ne rimase come ipnotizzato, poi il suo sguardo cadde sulla parola incisa a lettere di fuoco e mancò poco che svenisse. Lesse lo scritto trattenendo il fiato:
“ …. E la donna che si accompagna al diavolo è essa stessa creatura demoniaca, 
come Veronica, concubina di satana. Essa brucerà nelle fiamme 
divine finché di lei resterà solo cenere da spargere al vento …” 

Sir Rupert alzò la testa di scatto ed incontrò lo sguardo vuoto della marionetta che lo fissava come per volerlo trapassare. Suonò il campanello ed un attimo dopo apparve il maggiordomo 
- Fai preparare subito l’auto, devo andare a Londra immediatamente. 
Si vestì in preda ad una strana agitazione e quando scese ripassando accanto allo studio fu colpito da un’idea. Entrò ed afferrò la bambola avvolgendola nella sua sciarpa. 
Durante il tragitto verso Londra il lord esaminò attentamente la bambola. Mise in moto il meccanismo che le faceva muovere gli occhi in quel modo così inquietante e seguì ipnotizzato il suo sguardo penetrante. Fuori brillava uno splendido sole invernale a dispetto della fitta nebbia della sera prima. Il cielo era di un azzurro brillante, inusuale per quella stagione. Forse era il tempo, il fatto che fosse giorno e non sera, ma la marionetta non risultava più così tanto inquietante, anzi era quasi divertente. E il nome? Un nome qualsiasi con niente di raccapricciante. Rupert si sentì quasi ridicolo in quella folle corsa verso Londra alla volta di Palm street. Sorrise alla bambola ed arrivò alla conclusione che, infondo, una passeggiata mattutina per le vie di Londra sarebbe stata salutare e divertente. Decise che sarebbe andato lo stesso dal rigattiere, così tanto per curiosità, infondo quel piccolo ometto dagli occhiali di tartaruga un motivo per non volergli vendere la bambola doveva averlo avuto e sapere quale fosse stato poteva essere stimolante. Fece fermare l’auto un paio di isolati prima di Palm street e percorse il resto della strada a piedi. La giornata era limpida ma piuttosto fredda e numerose pozzanghere si erano ghiacciate. Rupert fece molta attenzione nel camminare, cadere non sarebbe stato salutare né decoroso. Giunse nella via ed affrettò un po’ il passo per il desiderio di scaldarsi a quella stupenda stufa di maiolica che il rigattiere teneva nel centro della bottega. Passò accanto al numero 660, ancora due numeri e sarebbe arrivato. Si fermò davanti al numero 666 e per poco non gli cadde di mano la bambola. Scese nel sottoscale ma della bottega del rigattiere non c’era traccia. Davanti a lui una porta sgangherata ed annerita dal fuoco con alcune assi inchiodate di traverso. I vetri erano rotti e le pareti annerite dalla fuliggine. Davanti alla porta un cumulo di rifiuti e mattoni rotti. Rupert rimase pietrificato dalla sorpresa e da un’incontrollabile paura che iniziava a salirgli lungo la schiena. 
Uno spazzacamino che passava lo vide immobile davanti alla porta 
- Vuole comprare quel posto signore? – disse ridendo 
Rupert si voltò di scatto era terribilmente pallido 
- Che posto è questo? – chiese con un filo di voce 
Lo spazzacamino lo guardò interdetto, questi signori erano proprio strani, ubriachi di prima mattina. 
- Siete al 666 di Palm street signore! E quello scantinato è disabitato da più di dieci anni. 
Rupert rifece le scale in fretta e si fermò davanti all’uomo coperto di fuliggine 
- Ne … Ne siete sicuro? 
- Che diamine!! … - esclamò l’uomo iniziando a seccarsi da quello strano comportamento - .. Certo che ne sono sicuro!! .. Sono più di venti anni che faccio questo quartiere. Prima c’era un rigattiere, ma morì nell’incendio della sua bottega e da allora non c’è più stato nessuno. 
Rupert iniziò a sudare freddo, deglutì più volte prima di riuscire a profferire parola 
- Quell’uomo .. Il rigattiere .. Era piccolo di statura, con pochi capelli ed aveva degli occhiali con la montatura di tartaruga? 
Attese la risposta con il fiato sospeso con la segreta speranza che l’uomo gli dicesse di no. Lo spazzacamino ci pensò su un attimo 
- Si era proprio lui .. Un tipo bizzarro .. Si chiamava … Si chiamava … 
- Wedgwood? – disse il lord al colmo dell’agitazione 
- Esatto!! … Wedgwood .. Ma voi come? 
Ma non finì la frase perché il lord si era già allontanato 
- Ehi!! .. Signore aspetti!!! 
Rupert si bloccò, tornò indietro quasi di corsa, gli si affiancò e lo toccò su una spalla, poi senza dire nulla girò sui tacchi e si allontanò di nuovo. Lo spazzacamino lo guardò e si grattò la testa. Sperò di portargli fortuna perché a suo giudizio quel tizio così elegante era parecchio fuori di testa e di fortuna ne aveva parecchio bisogno. Scosse la testa e riprese il suo cammino dalle parte opposta fischiettando. 
Due occhi cerchiati da una montatura di tartaruga si mossero da dietro la sgangherata porta dello scantinato, avevano assistito a tutta la scena. 
Lord Rupert risalì in auto con le gambe di panno e zuppo di sudore. Le mani gli tremavano. Poggiò immediatamente la marionetta accanto a sé sul sedile come se fosse incandescente 
- A casa di Lord Horn! 
L’auto partì placidamente e si immise nel traffico intenso di quell’ora. 
Per tutto il viaggio Rupert evitò di guardare la bambola ma sentiva il suo sguardo penetrargli nella nuca. Era una sensazione così sgradevole che cominciò a venirgli il fiato corto. L’auto era uscita dalla città da diverso tempo e svoltò in una strada privata in piena campagna. Rupert era in preda ad un panico incontrollabile, stava pensando a Palm street, a quello che gli aveva detto lo spazzacamino, allo sguardo della bambola ed al Sig. Wedgwood. Si voltò verso la marionetta e si accorse che il meccanismo degli occhi era in funzione. Occhi irrequieti che lo fissavano di tanto in tanto. Gli sembrò che tutta la macchina ruotasse assieme agli occhi, anche lui ruotava avvolto dalle fiamme che lo sguardo di Veronica dardeggiava al suo indirizzo. Si sentì soffocare, si sbottonò il cappotto con movimenti scoordinati, gettò a terra la sciarpa di seta che aveva al collo ed aprì il finestrino. L’aria gelida che lo colpì improvvisamente non fece l’effetto che aveva sperato. Non sapendo più cosa fare e sentendosi vicino ad un collasso nervoso, Rupert afferrò la marionetta per un braccio e la scaraventò fuori dal finestrino. L’autista inchiodò 
- State bene Sir Rupert? .. Volete che … - 
Rupert, che aveva ripreso a respirare quasi regolarmente, lo zittì con un gesto della mano 
- Riparti! .. Prima arriviamo meglio è!!! 
Lo disse con voce strozzata, quasi isterica e l’autista obbedì senza fiatare. 
Aver gettato via la bambola l’aveva fatto stare meglio e lentamente, via via che si avvicinavano alla villa di Lord Horn, si riprese quasi del tutto. 
La bambola giaceva a gambe all’aria nel fosso dentro il quale era volata. Lentamente spostò prima le braccia, poi le gambe ed infine la testa. I suoi occhi dardeggiavano a destra e sinistra mentre si metteva in piedi. Dal fondo del fosso cominciò ad innalzarsi una piccola e densa colonna di nebbia che si spanse per qualche metro fino a quando una forte raffica di vento la spazzò via lasciando al suo posto la splendida e misteriosa fanciulla che era apparsa la notte precedente. Uscì dal fosso e s’incamminò verso la suntuosa residenza di Lord Horn. 
Rupert fu ricevuto immediatamente dall’amico, che appena lo vide in quelle condizioni lo fece accomodare e gli offrì una generosa dose di whisky. Gli si sedette di fronte ed intrecciando le dita sprofondò nella poltrona guardandolo con curiosa apprensione. Rupert non si fece pregare ed anche se in modo un po’ concitato gli raccontò tutto, a cominciare dal libro per finire alla surreale visita in Palm street ed alla successiva liberazione dalla bambola. 
- Tutto questo ha dell’incredibile!! .. Fosse stato un altro a raccontarmelo gli avrei riso in faccia. Ma detto da te è tutta un’altra cosa. 
- Allora mi credi? .. Non mi hai preso per pazzo? – disse tirando un sospiro di sollievo. 
- Io ti credo .. Ma cosa conti di fare? .. Voglio dire come vuoi comportarti? Rupert si alzò camminando a grandi passi per la stanza, sembrava un leone in gabbia, nei suoi occhi la paura dell’ignoto e la frustrazione dell’impotenza. Nell’aria c’era una strana elettricità, tutto sembrava diverso da quello che era in realtà. Anche l’amico iniziò a sentirsi a disagio, si agitava sulla poltrona senza riuscire a trovare pace. Il sudore freddo gli imperlava la fronte, vi passò una mano sopra certo di avere la febbre, in realtà era freddo come il marmo. Nessuno dei due parlava. Si guardarono perplessi come due persone che non si conoscono e si trovano nella stessa stanza senza saperne il motivo. Erano fermi uno di fronte all’altro quando si alzò un vento fortissimo. Le foglie secche del giardino cominciarono a turbinare in vorticosi mulinelli, le chiome delle querce si piegarono scricchiolando pietosamente e alcune imposte iniziarono a sbattere furiosamente tanto che un vetro della sala in cui erano i due amici si spaccò. Nessuno dei due si mosse, erano come pietrificati. Dal vetro rotto della portafinestra entrò la fanciulla dal vestito rosso. Camminava con una leggerezza incredibile tanto da sembrare che non toccasse nemmeno il pavimento. Si avvicinò ai due uomini. Guardò prima Lord Horn, ma niente in lui la interessò, quindi rivolse la sua attenzione a Lord Rupert. Lord Winston aveva circa una sessantina di anni ma era ancora un uomo piacente, un fisico asciutto e lo splendore dei suoi occhi verdi, belli adesso come quando era giovane. Aveva ancora tutti i capelli, anche se brizzolati e vestiva con sobria eleganza. La fanciulla gli girò attorno con curiosità. Lo confrontò di nuovo con l’amico e alla fine concluse che lui era decisamente più bello. Si toccò l’abito ed i capelli, poi socchiuse gli occhi e fissò Rupert intensamente. Nelle profonde pupille nere si accese una scintilla che divenne sempre più luminosa fino ad illuminare tutta la sua persona. Piano, piano la luce avvolse anche Lord Winston e divenne di un biancore accecante. Quando la pallida luce del sole invernale tornò a primeggiare nella stanza della fanciulla non c’era traccia ed il fortissimo vento era cessato restituendo la calma alle cose.


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