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mercoledì 27 febbraio 2013

... SEI UN BASTARDO ....







carlacasula.scrivere.info


Il commissario Malavasi era voltato verso la finestra e stava dando le spalle al suo vice mentre lo relazionava sulle ultime novità relative alla loro indagine in corso. Si voltò e si mise a sedere, poi tirò fuori una sigaretta dal pacchetto che era sulla scrivania e l’accese in barba al divieto di fumare che vigeva in tutti gli uffici e che era attaccato al muro in bella vista. 
- Piantala Giorgio!! .. Prima o poi ti beccheranno .. Non puoi fare sempre come ti pare .. C’è una legge che lo vieta .. Ci sono delle sanzioni .. Non puoi comportarti sempre come se tutto quanto fosse il tuo personale parco giochi … Ci sono delle regole delle … - 
Lui gli sorrise furbo con espressione canagliesca. 
- Fanculo alle regole ed alle leggi .. E’ il mio ufficio e ci faccio quello che mi pare … - 
Lucio scosse la testa rassegnato. Ormai era un caso disperato, una partita persa in partenza. 
- Sei uno stronzo – disse cercando di essere duro 
- Una descrizione pressoché perfetta - sottolineò una voce femminile molto calda 
Lucio si voltò di scatto e Malavasi tirò giù i piedi che aveva appena poggiato sulla scrivania. 
- Letizia … - riuscì a dire senza far tremare la voce. 
La ex moglie se ne stava sulla soglia con le braccia incrociate sul petto e sorrideva sprezzante 
- Disturbo il vostro scambio di battute da super- macho? – 
Lucio avvampò. Lei lo aveva sempre messo in soggezione sia per la bellezza che per l’acume. 
- Affatto! Le nostre perle di saggezza ce le siamo già scambiate .. Qual buon vento? Non credevo ti ricordassi dove lavoro .. – 
Lucio gli lanciò un’occhiata ammonitrice e lui annuì sorridendo furbo. 
- Finiamo dopo Lucio … - 
- E’ stato un piacere vederti – le disse con evidente imbarazzo. 
Il fatto che si fossero visti qualche giorno prima in tribunale e che lui lo avesse detto all’amico lo fece sentire fuori posto, come se avesse tradito uno dei due o forse entrambi. A Giorgio non aveva fatto piacere sapere quello che lui aveva visto, anche se forse già lo sapeva. 
- Anche per me – rispose lei sorridendogli gentile - … E se posso darti un consiglio non farti mettere i piedi in capo. E’ solo un gradasso. Cerca di ridimensionarlo, non gli farà che bene – 
- Ci proverò – concluse frettolosamente
e salutando si allontanò veloce, sicuro che di lì a poco si sarebbe scatenata la bufera. 
Adesso erano soli nell’ufficio e si guardarono con sfida. La trovò bellissima, come sempre del resto. Il pensiero che lei se la facesse con quel damerino dell’avvocato Manetti lo offese. Come era potuta cadere così in basso? Sapeva di peccare di presunzione, ma non poteva farne a meno. Dopo cinque anni di matrimonio sapeva bene cosa volesse sua moglie da un uomo e quel fantoccio incravattato non era di certo all’altezza dei suoi formidabili standard. 
- Cosa vuoi Letizia? .. Ti ho già dato tutto. Io ho firmato, tu hai firmato, gli avvocati si sono stretti la mano. Amici come prima .. – 
- Sei il solito stronzo! .. Lucio ha ragione, sei un bastardo figlio di puttana .. – 
- E hai fatto tutta questa strada per ricordarmelo? Non c’era bisogno, me lo ricordo ogni giorno da solo guardandomi allo specchio – 
Lei lo fissò con rancore e si spostò una ciocca ribelle dietro l’orecchio. Malavasi trasalì. Quel gesto in lei era sempre stato molto sensuale, anche adesso che era evidentemente sul piede di guerra, aveva quel modo di muovere le mani che gli rimescolava il sangue. 
- Volevo solo dirti che adesso frequento una persona. Verresti comunque a saperlo. Gradirei ti astenessi da commenti e colpi di testa come tuo solito. E’ come hai detto tu, amici come prima, ognuno per la sua strada – 
Lui la guardò dritta negli occhi e lei provò uno strano turbamento. Non si sentiva più tanto decisa e spavalda come quando era entrata in quell’ufficio. 
- Potevi evitare il viaggio lo stesso – disse lui con sguardo duro - .. Lo sapevo già .. E non è da adesso che lo frequenti. Ti ha tenuto la mano prima, durante e dopo. Trovo assurdo che tu venga a dirmelo adesso. Hai la coscienza sporca Letizia? Io non ti ho mai tradito e lo sai bene … - 
Divenne paonazza e sentì il terreno franarle sotto i piedi. Cosa poteva pretendere? Lui era il commissario Malavasi, la leggenda, lo sceriffo. Era ovvio che sapesse. Lei aveva sperato che sapesse, ma lui non aveva mai detto nulla. Nulla fino ad ora, con ben sei mesi di ritardo. 
- Cosa stai insinuando? – rispose per ripicca 
- Io non insinuo nulla .. Io constato. Sapevo che mi tradivi, ma non ho voluto indagare oltre. Avrei potuto mettermi a picca con gli avvocati e non darti nulla, ero io la parte lesa. Ma siccome ti ho amata e non ho smesso di farlo ho voluto essere generoso. Non mi volevi più? Ti eri stancata di me e del mio lavoro, che comunque non ti faceva mancare nulla? .. Va bene! .. Mi sono accollato anche questo ennesimo fallimento. Sinceramente, però, speravo che tu lo avresti apprezzato ed invece vieni qui a fare la sceneggiata come se la vittima fossi tu! Sappi che a quel bastardo dell’avvocato Manetti avrei spaccato e spaccherei molto volentieri la faccia. Come avvocato vale zero! Ha vinto perché ho voluto che così fosse, per rimanere in buoni rapporti. Ma tu hai fatto e continui a fare l’offesa. Piombi qui a sbattermi la tua relazione in faccia come se fosse una rivincita. Mi hai deluso Letizia, molto. Sei davvero caduta in basso portandoti a letto un simile perdente – 
Lo fissò a bocca aperta. Aveva immaginato una reazione violenta, ma non una cosa del genere. Le sue guance erano in fiamme e nei suoi stupendi occhi verdi la rabbia divampò affiancata dall’umiliazione. 
- Non hai qualche frase sarcastica per mettermi a posto? – incalzò lui 
- Tu! .. Tu non hai il diritto!! … - 
- Hai ragione non ce l’ho! L’avevo, ma l’ho perso … Non ti ho dato quello che volevi, ma non per disinteresse. Io amo il mio lavoro, l’ho sempre fatto al meglio. Ho sempre creduto che tu ne fossi orgogliosa .. Ma mi sbagliavo. Infondo le donne non le ho mai capite. Non sono mai stato un tipo da cene a lume di candela e serate al teatro, quando mi hai sposato lo sapevi. Non potevi sperare di cambiarmi! – 
Le vide gli occhi diventare lucidi. Era rabbia? Era disperazione? Erano entrambe? Lui l’amava ancora. Perché diavolo si era rifatta viva? Avrebbe voluto cacciarla a calci ed allo stesso tempo stringerla tra le braccia. 
- Perché non me lo hai mai detto? … - disse lei in un soffio 
- Credevo lo avessi capito .. – 
Silenzio. Teso e pesante. 
- Frequenti qualcuna? – 
- Tutte quelle che mi capitano a tiro e che me la sventolano in faccia .. E sono molte credimi … Ma non frequento nessuna. Non mi è mai interessato frequentare altre oltre te .. Nemmeno adesso – 
- Sei un bastardo! – urlò lei senza più argomenti 
- Perché ti amo ancora? .. Allora hai ragione, sono un bastardo .. – 
- Se sapevi che ti tradivo perché non hai fatto nulla per riprendermi? Potevi prendermi a sberle, urlarmi in faccia il tuo disprezzo! Tutto sarebbe stato meglio del tuo silenzio!! – 
Si alzò di scatto sentendosi vicino a perdere il controllo. Se rimaneva ancora lì non avrebbe più risposto di sé. 
- Stavo male Letizia!! .. Soffrivo come un cane .. Ti vedevo lontana, ormai irraggiungibile!! .. Hai ragione ho avuto paura, paura di farmi vedere ferito e vulnerabile .. Non è servito nascondermi, ti ho persa comunque … La colpa è anche mia non lo nego! – 
Aveva gli occhi lucidi e le tremavano le labbra e quando le tremavano le labbra non era mai un buon segno. Le fissò. Ricordi roventi erano associati a quelle labbra piene e perfette. Cercò di scacciarli, non era certo quello il momento di pensarci, anche se il suo corpo lo aveva già fatto e sentiva l’eccitazione salire come una febbre. Si voltò verso la finestra e contò fino a dieci. Servì a poco, ma riuscì comunque a riprendere un po’ il controllo. Si voltò di nuovo, piano. Le labbra erano sempre lì tremanti e invitanti. 
- Cerchiamo di calmarci va bene? .. Prendo atto della tua nuova relazione. Non la approvo e mi ferisce. Mi ha ferito prima e continuerà a farlo. Siccome, però, siamo persone adulte e responsabili farò finta che mi vada bene e farò anche finta di essere felice per te! … Ecco sei contenta? Era quello che volevi da me no? Per questo sei venuta! – 
- No!! .. Cioè sì! .. Tu .. Tu .. Perché continui a sconvolgermi la vita? – 
- Perché sono un bastardo .. Lo hai detto anche tu! – 
Le belle labbra si serrarono e si piegarono in modo minaccioso, nei suoi occhi la tempesta divampò violenta. Lui desiderò che si abbattesse travolgendolo, facendogli male. Se lo meritava. 
- Ti odio Giorgio Malavasi!! … Ti odio!! – 
Si voltò di scatto ed uscì cercando di non mettersi a correre. 
Malavasi crollò sulla poltrona di pelle maledicendosi. Era sfinito come dopo un kumitè. Perché le aveva detto quelle cose? Perché le aveva detto la verità? Non né aveva il diritto. Avrebbe dovuto tacere. Ma lui era un bastardo numero uno e non poteva farci nulla. L’amava ancora e avrebbe fatto di tutto per riaverla anche e soprattutto giocare sporco. A lui riusciva benissimo. 
Lucio si affacciò allarmato. 
- Cosa diavolo le hai fatto? .. Piangeva disperata .. – 
- Le ho detto solo la verità – disse guardando la sigaretta che si stava consumando abbandonata nel posacenere - Le ho detto che l’amavo ancora, cosa dovevo dirle? –
- Tu non sei normale! .. Quelle cose dovevi dirgliele prima della separazione, non dopo sei mesi! Ma cosa ti dice la testa? – 
Nulla. La testa non gli diceva nulla soprattutto perché a parlare era stata un’altra parte del corpo, ma non era certo di quale fosse stata, se il cuore o qualcosa sotto la cintura. Forse entrambe o forse no. Era confuso, molto, ed a lui capitava di rado. Solo Letizia aveva il potere di confonderlo e non l’aveva perso. 
La sua vita stava bruciando senza rimedio e senza controllo, come quella sigaretta abbandonata nel posacenere. Con tutti i casini che aveva, ci mancava anche Letizia con il suo fottuto avvocato. 
La giornata passò male ed in modo burrascoso per i poveri collaboratori del commissario. E quando finalmente lui lasciò l’ufficio tutti tirarono un sospiro di sollievo. Tutti tranne Lucio che sapeva benissimo che il suo superiore, nonché amico, sarebbe andato a finire quella giornata del cavolo dentro qualche locale di tendenza cercando alcool e facili compagnie per dimenticare. 
Malavasi uscì dal bar sentendosi un po’ malfermo sulle gambe. C’era andato pesante, non era sicuro di riuscire a guidare la moto. L’incontro con Letizia avuto quella mattina lo aveva profondamente sconvolto. Quella donna aveva il potere di confondergli le idee e di renderlo un vero idiota. Il profumo dei tigli sul viale dava alla testa, di notte aumentava fino a stordire. Si trascinò fino alla moto e la guardò con sfida. Chi fra loro avrebbe vinto? Fece due profondi respiri e gli sembrò di essere più saldo sulle gambe. Montò a cavallo della sua Ducati e s’infilò il casco. Non era certo la prima volta che guidava in quello stato, ce l’avrebbe fatta anche stavolta. Mise in moto e partì. Le vibrazioni gli dettero una strana sensazione, come se qualcosa fosse entrato in circolo nel suo sangue oltre all’alcool. Dette gas e sfrecciò sui viali facendo lo slalom tra le auto. La moto andava da sola. Fece un paio di manovre da brivido e più di una volta rischiò un frontale con le auto che venivano dalla direzione opposta. Non sentiva nulla. Niente paura, niente emozioni. Era pericoloso, lo sapeva. Quando aveva quei balck-out avrebbe potuto fare di tutto. Impennò la moto e quando la ruota toccò di nuovo terra sgassò a tutta manetta facendola sbandare paurosamente. La riprese e s’infilò nel tunnel. Le luci scivolavano sul suo casco e sul serbatoio della moto come stelle cadenti. Lui stesso era una stella cadente, non poteva fermare la sua parabola. Uscì dal tunnel a più di 100 km all’ora dove avrebbe potuto andare solo a 50 km orari. Dove stava andando? Lui non lo sapeva ma la moto sì. Dopo aver attraversato mezza città come un folle, inchiodò la moto in un’elegante strada residenziale davanti ad una bella villetta a due piani con giardino. Si alzò la visiera del casco e guardò imbambolato il portoncino verde con la maniglia dorata. Era casa sua. Cazzo!! Quella era stata casa sua. Era davanti alla villetta che aveva lasciato a Letizia nel suo generoso accordo per la separazione consensuale. Come ci era finito? Le luci in sala erano accese mentre al piano di sopra era tutto spento. Aveva ospiti? Era sola? C’era quello stronzo di Manetti? Decise che non gliene fregava nulla. Si tolse il casco e lo poggiò sul serbatoio della moto, scese e si fermò davanti al cancelletto. Era chiuso, ovviamente. Lo scavalcò con facilità e salì i tre gradini che separavano il vialetto dalla soglia di casa. Bussò sbattendo con forza l’elegante battente in ottone a forma di ferro di cavallo. Un pensiero fugace gli attraversò il cervello. Che ore erano? Non lo sapeva e non gli importava. Infondo ad un bastardo poco importa che ore sono, e poco importa quello che sta facendo. Bussò ancora ed alla fine la porta si aprì. La faccia stralunata ed imbarazzata dell’avvocato Manetti lo guardò. Malavasi sorrise. Aveva fatto bingo. Sentì la voce di Letizia chiedere chi fosse. Era come il canto delle sirene, ammaliante ed irresistibile. Doveva entrare e vederla, infondo era lì per quello. Non gli diede il tempo di rispondere e gli sferrò un gancio cattivo che lo fece voltare e sbattere con la faccia contro lo stipite della porta. L’azzimato avvocato Manetti si accasciò a terra senza emettere un gemito. Malavasi pensò che era un vero coglione. Lo scavalcò senza preoccuparsi di chiudere la porta. Entrò in salotto. Lei era sul divano con un calice di vino rosso in mano. Indossava attillati pantaloni modello Capri ed una maglietta con un generoso scollo a V che metteva in mostra tutto il suo notevole repertorio. Lo schermo piatto da 50 pollici HD trasmetteva le immagini di un film americano anni ’60. Gli sembrò di riconoscere gli attori. Un George Peppard giovane ed in forma smagliante flirtava con un’affascinante e fragile fanciulla dagli occhi da cerbiatta. Come s’intitolava? Letizia adorava quel film, lo avevano visto un sacco di volte. C’entrava un pranzo, no una colazione. Nel suo cervello rallentato dall’alcool, mentre lo sguardo passava dallo schermo al suo scollo provocante, si accese una lampadina: Colazione da Tiffany. Lei lo stava guardando sconvolta. Portava al collo il costoso pendente con solitario su oro bianco che le aveva regalato per Natale. Un Natale remoto, lontano nel tempo e nel cuore. Lo aveva comprato proprio da Tiffany quando era dovuto andare a NY per un aggiornamento con l’Interpol. Era stato scelto per i suoi indiscussi meriti e perché parlava l’inglese come l’italiano. Letizia si alzò di scatto ed un po’ di vino si rovesciò sul tappeto. Si guardarono e lui la trovò bella oltre ogni ragionevole dubbio. Come cazzo aveva fatto a rinunciare a lei? 
- Giorgio! – urlò spaventata e forse anche un po’ arrabbiata 
Non doveva essere una visione rassicurante, se ne rendeva conto. Cercò di darsi un contegno. Cosa stava facendo in quella casa? Era ubriaco, non c’era dubbio. 
- Mi dispiace … il tuo pagliaccio domani avrà difficoltà a parlare. Gli ho dato un assaggio del mio famoso gancio destro – 
Lei poggiò il calice sul tavolino davanti al divano con mano tremante. La luce soffusa che c’era nella stanza la rendeva quasi irreale e quel maledetto solitario mandava bagliori ipnotici. 
- Sei ubriaco .. – non lo aveva domandato 
- Si nota così tanto? – rispose con un sorriso sciocco sulla faccia 
- Come sei arrivato qui? – 
- In moto … Anzi a dirla tutta è stata la moto a portarmi qui, guidava lei .. Non chiedermi come sia stato possibile, ma è successo .. – 
- Perché sei venuto? – 
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Già perche? Non doveva chiederlo a lui ma alla moto. Guardò di nuovo il pendente adagiato poco sopra il solco dei seni. Quella pelle morbida e setosa che gli toglieva il respiro, la curva del seno che si alzava e si abbassava, come quando lei ansimava sotto di lui. Alle ore più assurde, quando la voglia li coglieva, quando lui era disponibile. Il suo sguardo si cibava di quel corpo fantastico e lei non si sottraeva. Mai. Gli girò la testa, come la prima volta. Un apoteosi di sensazioni e di emozioni, il desiderio lo aveva travolto ed era andato oltre. Oltre le convenzioni, oltre il buon senso, oltre la decenza. Una notte di primavera, esattamente come quella, iniziata in modo anonimo e finita in paradiso. Sentì l’eccitazione salire come una febbre, come quella notte, ma questa volta lei non lo guardava con la lussuria negli occhi, non si offriva sensuale e sfacciata provocandolo. Perché era in quel maledetto salotto con George Peppard che nudo nel letto si faceva lasciare i soldi sul comodino da un’elegante tardona? Lui non aveva mai pagato una donna per averla e non si era mai fatto pagare. Lui respirava il sesso, lo aveva nello sguardo, nel sangue. Letizia era come lui. Cosa ci faceva con uno come Manetti? 
- Per impedirti di scopare con quello stronzo .. – mormorò con voce impastata 
La vide sussultare, nel suo sguardo balenò quel lampo che lui ben conosceva. Era la sua donna. 
- Vattene!! - disse con voce rotta 
- No! Non me ne vado fino a quando non mi dirai che non mi ami più. Per davvero! – 
Letizia sentì una fitta all’inguine. Una contrazione quasi dolorosa e molto pericolosa, come quando lui la guardava in quel modo che le rimescolava il sangue e che le faceva perdere il controllo. Lo aveva lasciato proprio per quello, perché aveva la fastidiosa abitudine di piombare nella vita della gente e gettarla all’aria. Era il suo più grande difetto ed anche la sua maggiore attrattiva. Giorgio era fatto così. O lo amavi alla follia o lo odiavi ferocemente. Lei lo amava o lo odiava? Adesso le sembrava di non saperlo più. Lo guardò. Indossava un giubbotto di pelle nera che gli disegnava le spalle possenti, jeans aderenti, scoloriti e sfilacciati nei punti giusti, stivali da motociclista ed una maglietta blu scura così aderente che lasciava ben poco all’immaginazione sulla perfetta geometria dei suoi muscoli. Quel maledetto pizzetto fine da bastardo che gli disegnava la mascella volitiva e quegli occhi grigi da lupo che ti spogliavano fino all’anima. Come diavolo aveva potuto tradirlo e rinunciare a lui? Le sue amiche le avevano dato della pazza furiosa per tutto il tempo della separazione e anche dopo. Alcune di loro si erano offerte di consolarlo e lui non le aveva deluse. Aveva rotto con diverse di loro. 
Nessuno dei due si muoveva. Letizia si rese conto che in quel momento fare sesso con lui era l’unica cosa che voleva. Lui era unico. Nessun uomo prima o dopo di lui l’aveva fatta godere come era in grado di fare il suo Giorgio. Si disse che un matrimonio non poteva reggersi solo sul sesso, c’era di più e quel di più lui non era stato in grado di darglielo. Era per quello che aveva ceduto al fascino elegante, raffinato e sofisticatamente romantico dell’avvocato Luciano Manetti. Un pagliaccio. Giorgio aveva ragione. Luciano era solo un barboncino ammaestrato da sfoggiare nei salotti bene, aveva il portamento e l’indole adatte ad una mostra canina di alto livello. Giorgio no. Lui era un fuoriclasse un pericoloso ibrido tra un rottweiler ed un doberman con un pizzico di weimaraner. Tutto un altro pianeta. 
- Sto aspettando Letizia … Non mi muoverò da qui fino a quando tu non mi dirai la verità .. – 
- Tu sei pazzo .. - ansimò vacillando lievemente 
- Sai che novità .. Lo hai sempre saputo che ero pazzo, pazzo come un cavallo … Pazzo di te!! – 
In quel momento un rantolo ed un vago annaspare lo fece voltare. Il distinto avvocato stava gattonando sul parquet mentre perdeva sangue dalla bocca. Letizia lanciò un urlo. 
- Luciano!! - 
Fece per correre verso di lui, ma Giorgio la intercettò e la bloccò afferrandola per la vita 
- Lascialo perdere .. – le sussurrò accarezzandola con il suo fiato caldo ed appesantito dall’alcool - … Hai me, cosa te ne fai di lui? – 
Letizia guardò l’avvocato che non riusciva a mettersi in piedi. Era patetico. Giorgio dopo una rissa con i fiocchi od un’operazione particolarmente cruenta, era sempre stato in grado di tornare a casa con le sue gambe. Era un superbo combattente ed un formidabile incassatore. Giorgio l’avrebbe difesa, l’aveva difesa. Luciano sarebbe stato in grado di fare altrettanto? 
- Tu non ti rendi conto ..- ansimò - Non puoi fare sempre come ti pare ..Tu .. – 
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Ma lui le afferrò il volto con entrambe le mani e premette la bocca sulla sua. 
Ci fu come una deflagrazione. Letizia sentì uno strappo alle viscere. Il cuore le schizzò in gola mentre la lingua di lui la esplorava con lascivia. I baci di Giorgio non davano scampo. La testa le girò. Non avrebbe voluto ma si aggrappò ai suoi bicipiti. Erano durissimi. Tutto il suo corpo lo era. Una roccia che la mandava nei pazzi. Le sue labbra le divoravano la bocca e la sua lingua le prometteva carezze audaci in posti proibiti. Gemette sconvolta, rispondendo a quella lingua licenziosa e sfrontata. Malavasi sentì di essere vicino ad un orgasmo. Da quando si erano lasciati quello era il primo vero bacio che una donna gli avesse dato. Un bacio che non era solo ginnastica facciale, un bacio che era il preludio ad un amplesso, un bacio che ti scuoteva fin nelle viscere. Il bacio della sua donna. Della sua Letizia. Le mani di Giorgio scivolarono sulle sue spalle senza fermarsi, l’avvolsero stringendola a sé con desiderio crescente. Erano grandi , forti e caldissime, poteva sentirne il calore anche attraverso la maglietta, un calore che le stava entrando dentro senza lasciarle scampo. Premette il bacino sul suo e lei ne sentì l’erezione. Lui la desiderava, non aveva mai smesso di farlo, e lei? Lei lo desiderava? In mezzo alle sue gambe c’era come un fiume in piena. Un fiume al quale sui si sarebbe dissetato lasciandola senza forze, senza discernimento. Perché quando lui le era così vicino lei non riusciva più a connettere? Le mani si stavano avvicinando pericolosamente al suo fondo schiena. Luciano era a terra sanguinante e li stava guardando. Una follia. Senza sapere come trovò la forza di staccarsi da quel corpo che urlava sesso con ogni sua fibra. Si guardarono senza fiato e senza veli. Lo sguardo disperato e sofferente di Luciano le stava bruciando la pelle. Gli tirò uno schiaffo che lui incassò senza fiatare. 
- Vattene!! – urlò con le lacrime agli occhi 
Malavasi si rese conto di essere arrivato al capolinea. 
- Se lui non ci fosse stato lo avresti fatto lo stesso? – domandò guardandola in modo scandaloso. 
Si voltò di scatto senza darle modo di rispondere. Scavalcò il barboncino con passo deciso ed uscì nel buio profumato della notte. Letizia si appoggiò al muro sconvolta dal fatto di essere venuta tra le sue braccia solo per averlo baciato. Un attimo dopo l’inconfondibile rombo della Ducati lacerò il velo pigro della notte. Guardò Luciano. Doveva soccorrerlo ma non riusciva a muoversi. Giorgio l’aveva sconvolta, eccitata, travolta. Il suo Giorgio era tornato e lei non sapeva come fare a riprenderlo. Il suo istinto le suggeriva di fuggire, ma il suo corpo ed il suo cuore le stavano urlando di gettarsi tra le sue braccia forti. 
Maledetto commissario Malavasi, era venuto per sapere se lei lo amasse ancora e adesso che sapeva la risposta non sapeva se avrebbe trovato mai il coraggio di dirgliela. 
Malavasi guidò come un folle cercando l’incidente. Non lo trovò. Si trovò invece sotto casa sua incolume e stordito. Quella cazzo di moto doveva avere una specie di pilota automatico. Doveva ricordarsi di fare causa alla Ducati. 
Il giorno dopo gli uomini della sua squadra gli stettero a debita distanza. Nemmeno Lucio, che oltre ad essere il suo vice era il suo migliore amico da tempo immemorabile, trovò il coraggio di affrontarlo. I postumi della sbronza erano evidenti anche se non si era tolto i suoi fidati Ray-Ban nemmeno per un attimo. Fortunatamente fu una giornata abbastanza calma e poco prima di mezzogiorno lui levò le tende senza dare spiegazioni e senza salutare. Non riusciva a non pensare a quello che era successo la sera prima, a quello che aveva provato, a quello che aveva letto negli occhi di Letizia a quello che gli aveva trasmesso il suo corpo. Prese la moto e vagò senza meta per quasi un’ora poi alla fine si fermò, per la seconda volta in due giorni, dove non si sarebbe dovuto fermare.
Letizia era un’arredatrice di talento e lavorava come collaboratrice in uno studio associato di architetti piuttosto rinomato. Lei andava in pausa verso l’una, se non aveva impegni, forse avrebbe potuto trovare il modo di parlarle. Ma per dirle cosa? Quello che doveva dirle lo aveva già detto la sera avanti stordito dall’alcool e dal desiderio, cosa poteva aggiungere? Scese dalla moto e si diresse verso l’ingresso del moderno palazzo in vetro dove aveva sede lo studio. Prese l’ascensore e premette il pulsante del quinto piano. Gli sembrò che non arrivasse mai, ma alla fine si fermò e le porte si aprirono. Al banco della reception c’era una ragazza asiatica che non aveva mai visto, doveva essere nuova, meglio. Lei gli sorrise raggiante, nonostante la notte insonne il suo fascino bastardo mieteva vittime. 
- Cercavo la dottoressa Letizia Zanguidi … - disse sfoderando il suo sorriso da copertina 
- Sono tutti in riunione .. Ma dovrebbe finire tra poco .. Se vuole può attenderla nel solottino – 
Ed indicò un elegante stanza ovale con comodi divani imbottiti. Malavasi storse il naso, li potevano vederlo tutti, ed in quello studio tutti lo conoscevano. Non era il caso. 
- Va bene .. nel frattempo approfitterei del bagno .. – 
La ragazza gli dette indicazioni e lui si avviò lungo il corridoio. Lo aveva fatto apposta, perché sapeva che dal bancone non avrebbe potuto vederlo. Invece di andare al bagno s’infilò nell’ufficio di Letizia. Era una bella stanza luminosa ed accogliente. Letizia era brava nel suo lavoro, molto brava. Si mise a sedere sul divanetto e si guardò attorno. Una volta quell’ufficio accoglieva diverse foto di lui e Letizia, erano tutte sparite. Quella cosa lo ferì, lo fece stare male. Lei aveva cercato in tutti i modi di cancellarlo dalla sua vita, ma lui era come un cancro, una volta che aveva attaccato non mollava. Lo sapevano i delinquenti e avrebbe dovuto saperlo anche lei. Sentì rumore di voci e di passi nel corridoio. La riunione doveva essere finita. La porta si aprì e lei entrò con le braccia ingombre di raccoglitori per campioni di stoffa. Ci fu un tonfo, attutito dalla moquette, e tutti i raccoglitori si sparsero a terra. Il trucco sapiente aveva fatto un buon lavoro, ma Malavasi lesse sul suo volto tirato i postumi della sua prodezza. Prima che lei potesse dire o fare qualcosa lui si alzò e con due falcate si avvicinò alla porta e la chiuse. Si guardarono. 
- Spero tu sia venuto per chiedermi scusa … - attaccò lei decisa ma anche disorientata - … Luciano voleva denunciarti per lesioni personali. Mi ci è voluto del bello per dissuaderlo … - 
Lui immaginò il modo in cui lei lo aveva dissuaso e gli salì il sangue al cervello. Avrebbe dovuto fracassargliela la mascella, così per un bel po’ non avrebbe potuto usare la lingua. 
- Non mi pento di quello che ho fatto. Tu sei ancora mia, io lo so e tu lo sai. La tua voce può anche dire cose diverse, ma il tuo corpo ed i tuoi occhi non possono mentire. Ero ubriaco, certo, ma non fino al punto di non vedere l’ovvio – 
- Tu non sei normale Giorgio!! … E’ finita! .. Tra noi è finita!! E questo tuo comportamento da gradasso non cambierà certo le cose!! – nel dirlo le era tremata un po’ la voce. 
Stava mentendo a se stessa e lo sapeva. In quel maledetto salotto, davanti al loro film, con addosso il suo pendente, dal quale non era mai riuscita a separarsi, lei aveva capito che niente era finito. 
- Stai mentendo!! – rispose lui con quella voce bassa e sensuale che le metteva i brividi 
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Non si poteva mentire a Giorgio, lei lo sapeva. Lo aveva scoperto a sue spese in quei cinque anni di matrimonio. Come una sciocca aveva creduto che lui non sapesse che lei lo stava tradendo, o forse aveva sperato che lui lo scoprisse e che reagisse. Non era successo. Lui si era chiuso nel suo ruolo da duro e lei si era allontanata sempre di più sentendosi abbandonata e incompresa. Avrebbero dovuto parlare ma la rabbia aveva spento le loro voci e adesso lui era tornato ed aveva trovato il coraggio di aprirle il suo cuore. A modo suo certo, con il tatto e la delicatezza di un treno in corsa. Ma questo era Giorgio o lo amavi o lo odiavi. Non avrebbe potuto pretendere di più dal suo sceriffo. 
Era vicino, maledettamente vicino, e lei sentiva le farfalle nello stomaco esattamente come la prima volta che i suoi occhi si erano posati su di lui. 
Prima di vederle le sentì. Le sue mani l’afferrarono alla vita e l’attirarono a sé con decisione. Poi fu la volta delle labbra. Erano bollenti e premettero sulle sue con urgenza e desiderio. Un attimo dopo la sua lingua s’insinuò sfacciata e lei non la respinse. Fu un bacio concitato, a tratti rabbioso ma comunque sensuale come solo Giorgio era in grado di essere. Lo abbracciò disperata e sentì i suoi muscoli contratti. La lingua la esplorava con lussuria ed il suo desiderio divenne ingestibile. Nessuno uomo, a parte Giorgio, era mai riuscito a farle perdere così il controllo. La trascinò verso il divano. Ci crollarono sopra mentre le sue mani le stavano sfilando l’elegante giacchino di lino. Si ritrovò sdraiata con lui che premeva sul suo corpo eccitato. Le mani di Giorgio erano veloci e sapevano cosa fare. Le sentì scivolare lungo le cosce e sollevarle la gonna. Si fermarono sul bordo di pizzo delle calze autoreggenti. Il cuore le mancò un battito. Stava accadendo di nuovo, di nuovo lui l’avrebbe fatta sua. Gli afferrò il volto come a cercare di fermarlo, in realtà non voleva che staccasse la bocca dalla sua. Le dita le toccarono la pelle e lei sussultò. La gonna era tirata su fino alla vita e lui si staccò dalla sua bocca. Respiravano veloci, il volto di lei era in fiamme. La guardò, i suoi occhi da lupo luccicavano. Lo sguardo la carezzò scendendo fino a fermarsi sul perizoma di pizzo che copriva a mala pena la stretta striscia di peluria chiara che lui chiamava sempre “la sua strada per il paradiso”. Le dita s’insinuarono sotto il sottile filo dell’indumento, lo afferrarono e lo tirarono decise. Il pizzo si strappò e lui lo tirò via portandoselo al volto e respirando il suo odore come se fosse stato una droga. Gettò il perizoma a terra e con gesto deciso le sbottonò la camicetta di seta. I seni si alzavano e si abbassavano con un movimento ipnotico che lo stordì. Altro pizzo, altre curve pericolose sulle quali sapeva avrebbe sbandato senza riuscire a riprendersi. Si chinò e con l’abilità di un borseggiatore le sganciò il reggiseno e glielo sfilò con gesto fluido. Le affondò il volto tra i seni generosi e lei sentì il calore della sua lingua. Gli passò le dita tra i corti capelli gemendo e pensando, in un recesso della sua mente sconvolta dal piacere dilagante, che chiunque sarebbe potuto entrare da quella porta. La lingua scivolò sulla pelle setosa ed arrivò fino al capezzolo turgido avvolgendolo con il suo calore. Letizia si morse un labbro per non urlare. Le mani di Giorgio la sollecitavano sapienti e la sua lingua la carezzava togliendole il respiro. Desiderò che le strappasse di dosso anche quella stupida gonna. Lo carezzò impazzita sulle spalle cercando di sfilargli il giubbotto di pelle. Lui si tirò su di scatto e con gesto concitato si tolse il giubbotto e la maglietta. Gli occhi di Letizia si dilatarono davanti a quel torace nudo che ben conosceva. Tese le braccia e posò le mani aperte sui pettorali. Poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata. Gli disegnò i muscoli con le dita mentre si guardavano negli occhi eccitati come due folli. 
- Ti voglio … - ansimò lui. 
Era un’affermazione inutile. Che lui la volesse era più che evidente. Ma quelle parole sussurrate con voce rotta aumentarono il loro già incontenibile desiderio. 
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Le mani di Letizia scivolarono sulla cintura dei pantaloni e la slacciarono, scesero sui bottoni dei jeans e li aprirono. Lui le bloccò le dita un attimo prima che s’insinuassero dentro ai jeans. Si chinò e le fece scivolare la lingua sul ventre. Letizia allargò piano le gambe sapeva dove sarebbe arrivata quella lingua, voleva che arrivasse proprio lì, nel suo paradiso. Le mani di Giorgio erano bollenti, pensò che le sarebbero rimasti i segni sulle cosce come un marchio di appartenenza. Lei gli apparteneva anima e corpo solo adesso, dopo aver rischiato di perderlo per sempre, se n’era resa conto. Giorgio era come stordito. Sentiva il suo profumo più intimo. Era come una droga, quell’odore lo chiamava, lo istigava era il preludio a quello che la sua lingua avrebbe assaggiato. Tutto quello che lui voleva era lì. Racchiuso in quello scrigno caldo e bagnato che lo aveva reso prigioniero fin dal primo giorno. Non esistevano per lui altre donne oltre Letizia. Quelle futili e anonime avventure che aveva avuto dopo erano state deludenti e deprimenti come un post-sbornia. La baciò sulle sue labbra segrete e sentì dentro come un terremoto. L’erezione stava premendo sulla stoffa dei jeans smaniosa di venire liberata per prendere possesso di ciò che era suo. Letizia urlò, non riuscì a trattenersi. La sua bocca la stava assaggiando e la sua lingua la stava esplorando facendola impazzire. Sentiva l’orgasmo arrivare a ondate e le toglieva il fiato. Non voleva raggiungerlo, non subito. Voleva provare quella meravigliosa tortura fino allo sfinimento. Lui lo sapeva e quando la sentiva tremare si fermava, come a darle respiro. Una piccola tregua per riprendere le forze. I gemiti di Letizia riempivano la stanza e la sua testa. Non era la prima volta che facevano sesso in quell’ufficio, ma era la prima volta che ci facevano l’amore. Le dita di Giorgio scivolarono tre le sue gambe lente e predatrici e lei non riuscì più a resistere. Gli afferrò i capelli e scossa da fremiti convulsi venne. Il piacere che aveva provato era stato sconvolgente. L’onda dell’orgasmo non l’abbandonò. Continuò a tremare rapita dal godimento mentre lui non smetteva di assaggiarla. Per fortuna tutti dovevano essere andati a mangiare, perché altrimenti le sue grida ed i suoi gemiti avrebbero fatto accorrere l’intero l’ufficio. Giorgio si tirò su piano. E la guardò. Era bellissima, con gli occhi allagati di piacere e desiderio. Lei allungò di nuovo le mani verso i suoi pantaloni e questa volta non la fermò. Le dita di Letizia trovarono la sua carne bollente e la liberarono. Lo carezzò piano e lui gemette chiudendo gli occhi. Il suo tocco esperto lo faceva impazzire. I loro giochi erotici non mancavano di fantasia e spesso si divertivano a consumare i loro amplessi in posti assurdi o improponibili. Il rischio accresceva la trasgressione ed aumentava il loro desiderio. Gli passarono per la mente diverse cose azzardate che avrebbero potuto fare in quel momento, ma la verità era che lui la voleva e basta. Tutto il resto era un di più, un di più di cui adesso non avevano bisogno. L’afferrò alla vita a l’attirò a sé. Lei inarcò la schiena e rovesciò la testa indietro gemendo. Giorgio si chinò e la leccò sul collo scendendo giù fino in mezzo ai seni. I loro inguini si stavano sfregando, ognuno poteva sentire il colore infuocato dell’altro. Le mani di Giorgio scivolarono dalla vita fino ai fianchi, l’afferrarono decise e finalmente entrò di nuovo dentro di lei. Giorgio rimase senza fiato. In quei sei mesi aveva posseduto molte donne, ma non aveva mai provato quello che stava provando in quel momento. Era davvero il paradiso. Anche per un peccatore come lui esisteva il paradiso. Un paradiso che sapeva di non meritare ma al quale non avrebbe mai potuto rinunciare. Si muoveva piano dentro di lei mentre le sue gambe lunghe si stavano stringendo attorno ai suoi fianchi. Lo teneva stretto premendo il petto contro il suo ed incitandolo. Il volto di lui era affondato nei suoi capelli lisci e setosi. Sentiva il suo profumo, ascoltava i suoi gemiti, ora sommessi, ora gridati. Sentiva il piacere salire come una febbre. Lei si muoveva sotto di lui esperta, sapendo come aumentare il suo piacere. Avrebbe voluto che quel momento non finisse più. Erano solo loro due ed il resto del mondo fuori. Il cuore gli sbatteva contro le costole, temette che volesse lacerargli la pelle per uscire fuori. L’orgasmo si stava avvicinando e lui non riusciva a controllarlo. La desiderava troppo. Erano sei mesi che la desiderava. La bocca di lei gli sfiorò l’orecchio. Era caldissima. 
- Ora Giorgio … - ansimò - … Ora …. – 
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Erano un'unica cosa, un unico corpo. L’orgasmo li aggredì assieme, potente inarrestabile, spietato e languido allo stesso tempo. Aveva concesso loro poco tempo, ma quel poco tempo era valso una vita. I loro gemiti si fusero come fusi erano i loro corpi. Il brivido del piacere li attraversò scuotendoli come una scossa elettrica ad alto voltaggio. Giorgio crollò su di lei abbracciandola e lei si avvinghiò al suo corpo ansante e sudato. Nella stanza calò il silenzio. Si sentivano solo i loro respiri veloci, ancora concitati. Rimasero immobili in quella posizione per un tempo indefinito. Giorgio non voleva uscire da lei, sarebbe stato come morire. In quel momento la sua vita dipendeva dal calore del suo corpo. Si mosse piano provando ancora un piacere travolgente. Con gesto delicato le scostò i capelli dal volto e la baciò lieve sulle labbra. 
- E ora? … - sussurrò lei alla sua bocca 
Già e ora? Non avevano giocato, era una cosa seria. Maledettamente seria. Seria fino al punto di rimettere tutto in discussione. 
- Vuoi che diventi il tuo amante e che ci divertiamo un po’ alle spalle di quel pagliaccio di Manetti? – 
Lei lo guardò male ma un sorriso complice le increspò le labbra 
- Stavo scherzando …. – precisò lui, sapendo che quella era la fase più delicata dell’intera faccenda. 
Fece per staccarsi da lei, ma Letizia non lo mollò continuando a tenerlo in mezzo alle sue gambe lunghe e snelle. 
- Sai cosa vuol dire questo Giorgio? – 
Certo che lo sapeva. Era la sua seconda opportunità e non l’avrebbe lasciata sfumare. 
- Mi stai dando un’altra chance? … Mi stai aprendo di nuovo la tua porta? – 
Lei sorrise maliziosa 
- Mi sembrava evidente … Non sei molto brillante a dedurre, caro il mio bel commissario .. – 
La baciò di nuovo. Baci lievi ed umidi, come se assaporasse quelle labbra senza trovare il coraggio di assaggiarle veramente. Aveva notato che non portava il pendente di Tiffany. 
Le carezzò il collo con gesto delicato. 
- Perché non lo porti? .. ieri con lui lo avevi … - disse con una lieve punta di gelosia 
- Ha voluto che lo togliessi …Era furioso .. Per calmarlo l’ho accontentato … Ma ce l’ho nella borsa, volevo rimetterlo stamani poi non né ho avuto il tempo  - 
- Non te lo sei mai tolto …. Perché non hai mai smesso di amarmi .. – 
Lei gli carezzò il volto seguendo con il dito il suo contorno. Certo che non aveva mai smesso di amarlo, aveva solo creduto di poterlo fare. 
Il cellulare di Malavasi squillò. Fastidioso ed inopportuno come sempre. Imprecò alzandosi. Il distacco dal corpo di Letizia gli procurò quasi un giramento di testa. La guardò sorridendo come un liceale davanti alla sua prima ragazza e con gesto impacciato cercò il cellulare nella tasca del giubbotto. Lei si mise seduta raccogliendo le gambe sotto di se con gesto quasi felino. Con movimento sensuale si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Malavasi ascoltava con un solo orecchio e con metà cervello, non le staccava gli occhi di dosso. Nella gran confusione che aveva in testa, accaldato e stordito dall’aria satura di sesso che riempiva la stanza, gli parve di capire che dall’altra parte ci fosse Lucio che gli diceva che avevano bisogno di lui per un omicidio. Anche lì c’era qualcuno che aveva bisogno di lui, o forse era lui che aveva bisogno di lei? Gli sembrava di vederci doppio. Finì per sedersi sul divano e lei gli si strusciò addosso come una gatta che fa le fusa. Stavano per ricominciare? La voce di Lucio si alzò di qualche tono e lui ritornò di colpo con i piedi per terra. 
- Arrivo subito Lucio .. Dammi il tempo di capire dove sono … - 
La risposta dell’amico non fu molto gentile. La comunicazione s’interruppe. 
- Era Lucio .. – disse con lieve imbarazzo 
- Lo avevo capito …. Digli da parte mia che è un gran rompiscatole … - 
Gli passò la lingua sulle labbra poi si staccò ridendo. Vederlo in quello stato confusionale era eccitante e divertente. 
- Ti aspetto stasera per cena e porta lo champagne …. E guarda di non fare tardi come tuo solito – 
- E’ il nostro primo appuntamento? – 
- Fai tu … - rispose lei con malizia 
Giorgio si alzò ed iniziò a ricomporsi. Chissà che diavolo di ore erano? 
Quando fu pronto lei si alzò dal divano e si tirò giù la gonna. 
- Torni a lavorare in queste condizioni? – disse lui afferrandola alla vita e baciandola sul collo 
- Perizoma a parte è tutto a posto, solo un po’ sgualcito. Ma il lino sgualcito fa tendenza .. – 
Lo accompagnò fino alla porta e gli sorrise. Si sentiva felice come una bambina la mattina di Natale. 
- Massimo alle nove sarò a casa con lo champagne …. – 
Le diede un ultimo bacio ed uscì con passo furtivo. 
Letizia corse alla scrivania. Aprì la borsa e frugò agitata. Tirò fuori il cofanetto di velluto blu e lo aprì. Prese il pendente e se lo mise al collo. Si guardò allo specchio. I capelli erano un disastro ed il trucco era da rifare, ma non le importava. Giorgio era tornato nella sua vita e questa era l’unica cosa che contasse veramente. Per sei mesi si era illusa di poter vivere senza di lui, una follia. Si appartenevano, per loro non c’era altro destino che stare insieme. Si sorrise dallo specchio e si passò la lingua sulle labbra. Quella sera avrebbero fatto scintille. Avrebbe tirato fuori le lenzuola di seta ed avrebbe indossato uno dei suoi completi intimi da infarto. Musica sensuale e candele profumate. Non doveva preoccuparsi di preparare la cena. Si sarebbero sfamati in altro modo. Pensò allo champagne sulla sua pelle ed un brivido di piacere la scosse da capo a piedi. Giorgio sapeva come far godere una donna. 

FINE



7 commenti:

  1. Silvia, i miei complimenti. E' stato favoloso. Hai scritto un racconto frizzante, erotico, carico ma senza mai calcare la mano che mi ha tenuto incollata dalla prima all'ultima parola..
    Aspetto il prossimo racconto erotico ;)

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  2. Silvia fantastica come sempre, Reb ha colto, essere espliciti senza essere volgari, complimenti poi perchè l'ambientazione è allo stesso livello ed è la cornice perfetta per esaltare l'opera... ahahhaha lettura ideale per una domenica mattina

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  3. grazie carissime!!! .... i vostri commenti mi sono di stimolo!!! ... non è stato facile mettersi in gioco!!!

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  4. speriamo sia l'inizio di un filone :)

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  5. eccomi, finalmente...ho molto riflettuto sul tuo racconto, silvia, tu scrivi bene e questo è fuori dubbio. devo dire che personalmente mi aspettavo qualche cosa di diverso, una costruzione più simile al tuo racconto che mi piace tanto "sull'altra sponda", ma solo perchè questo argomento ti permetteva di sondare gli istinti e la psicologia dei personaggi al limite fregandosene di raccontare una storia. torno a dire che il tuo scrivere è sempre piacevole, ma ero tanto curiosa di vederti affrontare un taglio più viscerale e meno narrativo

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  6. Cara Guenda, si può fare .. Tanto più che un racconto erotico fine a sè stesso è limitativo. Scritto uno scritti tutti ... Non credo che, come dice Claudio, potrebbe esserci l'inizio di un filone ... finirei di certo impigliata in qualche "sfumatura" Ahahahah!!! ... Guardando la cosa da un altro punto di vista di certo si potrebbe scrivere qualcosa di diverso ... Mai mettere limiti!!!!!!!

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  7. ecco, diciamo che io son curiosa di questo aspetto che mi avevi fatto assaporare nel racconto citato sopra, mi piacerebbe tanto vederti affrontare una prospettiva diversa e spero che questo ti sia da stimolo

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