Eva si bagnò le labbra e continuando a masturbarlo
lentamente aggiunse alla proprio mano le calde lebbra..
La sua bocca si sciolse accogliendolo dolcemente e
la lingua vellicò il glande con maestria che non sapeva appartenerle…
Marco ne fu sopraffatto ma ora che la sentiva così
cedevole ne approfittò e la sua mano percorse le cosce sode di Eva e si fece
strada senza fatica, strappò con un colpo secco il perizoma ma lei continuò
imperturbabile senza smettere un solo istante di saggiarlo con la lingua, le
labbra, il viso tutto…
Marco sfiorò la pelle morbida, con delicatezza, le
sue dita esperte sapevano bene come muoversi, scese piano tra le labbra fino a
raggiungere l’anello, giocò un poco ruotandolo ripetutamente..
Eva si interruppe un solo istante accomodandosi
meglio a sedere sul letto, Marco ne approfittò per estrarre la prima delle sei
palline.
Fu pazzesco, Eva rovesciò la testa ansimando
forte, era talmente vicina al baratro dell'orgasmo che gli sarebbe bastato
sfiorarla appena per farla venire, soppesò l'idea decidendo di trattenerla
ancora sull'orlo del precipizio.
La strinse tra le braccia, poi dolcemente e
posandole sul viso baci leggeri l’adagiò tra le lenzuola .
La guardò, era sensuale e bellissima.. iniziò ad
accarezzarle le gambe salendo su fino all’inguine, la sua pelle era liscissima
e calda, poggiò le mani sull'interno coscia e con fermezza le dischiuse.
Eva si sentì completamente persa, per un
brevissimo istante pensò di serrare le gambe presa da un subitaneo moto di
vergogna, ma sapeva che lui non glielo avrebbe permesso, si lasciò trasportare
nuovamente in quel limbo dei sensi nell'istante in cui Marcò affondò il viso
tra le sue cosce.
La pelle setosa e vellutata accolse le sue attenzioni, Eva
ansimò mentre la lingua dell’uomo scivolava esperta tra le labbra
dischiudendole fino a lambire il clitoride.
Eva si abbandonò completamente rapita dalle
sensazioni inedite che lui era capace di farle provare.
Lui continuò senza fretta alcuna portandola più
volte verso l’abisso ma trattenendola ogni volta un’istante prima di lasciarla
cadere... era stremata, presa da una febbre che le faceva ribollire l’anima, i
seni duri e sodi palpitavano sotto i suoi respiri brevi e affannosi, il viso
arrossato, le labbra piene che martorizzava mordendole nel vano tentativo di
trattenere i propri gemiti e quel peso ben noto al basso ventre che ormai era
diventato insostenibile e la liquefaceva dall’interno.
Marco alzò lo sguardo gustandosi questa splendida
visione, la carica di erotismo che ella emanava aleggiava impregnando ogni
atomo.
Afferrò l’anello delle palline e prese a ruotarle
strappandole un basso mugolio che si trasformò in gemiti, aumentò il ritmo e la
pressione che le sue labbra e la sua lingua esercitavano e quando la sentì
pronta a gettarsi anima e corpo nel precipizio sfilò senza indugi le sfere con
un movimento rapido e fluido.
L’orgasmo esplose liberandola dalla frenesia dei
sensi, urlò incapace di trattenersi, lacerata dalla moltitudine delle
sensazioni che pervadevano la sua mente ed il suo corpo scosso da interminabili
sussulti seguì l’onda farneticante di ogni singola contrazione. Percepiva ogni
cosa amplificata, il peso a lei ben noto era ora un balsamo e lei sospesa nel
tutto e nel nulla, mezzo e cassa di risonanza.
Marcò gustò ogni suo sussulto, ogni respiro, ogni
fremito, poi la baciò sulla fronte, dandole il tempo di riprendere coscienza di
se.
Lei gli sorrise grata, desiderava solo che la prendesse carnalmente, che la
facesse completamente sua, voleva farlo godere ripagandolo di ogni estatica
sensazione che lui le aveva donato, voleva che facesse l’amore con lei e glielo
disse con un filo di voce guardandolo supplichevole negli occhi.
In tutta risposta lui le poggiò un tenero bacio
sulle labbra e perentorio le intimò di girarsi, voleva che continuasse ad
essere ubbidiente e pazientasse.
Eva le fissò per un lungo istante, si sentiva una
bimba sciocca che viene redarguita ma incapace di disubbidire si girò donandogli
uno spettacolo che Marco sognava fin dal loro primo incontro.
Aveva un sedere alto, tondo e sodo dal quale
partivano lunghe gambe affusolate, Marco si sporse dal letto e raccolse la
spessa cintura di cuoio con la quale le bloccò i polsi alla testiera del letto.
Eva tentò di divincolarsi ma cedette quando lo sentì sporsi nuovamente ed
estrarre qualcosa dal comodino.
Iniziò a massaggiarle le spalle scendendo lento
lungo la schiena e non lesinandole nel mentre baci sul collo.
Eva sentiva il
suo respiro caldo, e smorzata la rabbia che le aveva acceso l’animo qualche
istante prima si convinse ad esaudire ogni suo capriccio.
Marcò disegnò piccoli cerchi concentrici scendendo
lungo la spina dorsale e facendola rabbrividire intensamente, le posò le mani
sui lombi poggiandole il pene eretto tra le cosce, ma fu solo un fugace momento in cui lei pregò
che la penetrasse, subito lo sentì ritrarsi e le forti mani presero a palparle
i glutei avidamente.
Una mano scese ad accarezzarla rinnovandole le
sensazioni che l’orgasmo le aveva lasciato sulle membra esauste, Marco sapeva
come far vibrare ogni sua corda e senza esitare fece scivolare le dita in
quello scrigno umido e caldo sentendola gemere e contorcersi all’istante sulle
lenzuola.
Prese a cadenzare quel ritmato andirivieni fino a
sentirla già eccitata e bagnata poi l’altra mano scivolò tra i glutei
carezzandola delicatamente.
Eva era ormai completamente sconvolta, lui ne
approfittò per prendere le palline, le ultime erano di dimensioni inferiori e
reputò che facessero al caso suo. Le portò alle labbra, serbavano ancora il suo
sapore, le umettò con la lingua e poggiò la sfera più piccola sullo sfintere
contratto, la sentì opporsi flebilmente. La sua voce ora si fece carezzevole
mentre la rassicurava. Si aiutò con entrambe le mani ed inserì delicatamente la
prima sfera.
Lei gemette forte, ma l’urlo pronto ad esplodere
le morì in gola quando sentì il glande dell’uomo poggiarsi tra le sue labbra
umide, sfiorarle il clitoride per poi trovare rapido la strada per colmarla
completamente.
Rimase senza fiato, ogni molecola del suo corpo
eccitata oltre il sopportabile, finalmente il suo desiderio principe era stato
esaudito ed i loro corpi si fondevano l’uno nell’altra e lei non aveva più
certezza alcuna di dove le sue carni, ormai portate all’estremo, terminassero e
dove il caldo corpo muscoloso di lui avesse inizio…
Marco le passò il braccio sotto la vita
sollevandola in ginocchio, capezzoli turgidi sfiorarono le coperte
sensualmente.
Lui stando immobile dentro di lei osservò la
flessuosa immagine riflessa nel vetro della finestra buia, i loro corpi erano
in sintonia perfetta, guardandola approfittò per darle respiro , un solo
istante prima di cogliere l’occasione… e la seconda sfera segui la prima
facendo gemere Eva di dolore e piacere.
Non capiva più nulla, tutto era estremo piacere ed
eccitazione, tutto era sfumato e incorporeo pur essendo vividissimo.
Marco prese a martorizzarle i capezzoli,
stringendoli tra le dita e palpando a piene mani quel seno grosso e sodo, Eva
si protrasse ancor più verso di lui fino a sentire le sue natiche poggiare sul
pube, la fame di lui era divenuta ora insaziabile.
Fu allora che Marco iniziò a muoversi cadenzando i
movimenti, dapprima senza fretta anche se ogni affondo gli costava un enorme
sforzo per trattenere in se quel rimestio caldo che lo divorava dall’interno..
Tentando di non perdersi completamente ma succube
insaziabile delle infinite sensazioni, intrecciò un istante le sue dita a
quelle della ragazza che si voltò a guardarlo divorandolo con mille brividi infuocati.
Insieme furono scagliati insieme in una danza
tribale, lui l’accarezzava sollecitando ora i seni, ora muovendo le palline che
lo eccitavano follemente alla sola loro vista, i glutei cozzavano contro il suo
pube ad ogni affondo e sapeva che Eva sentiva ogni volta le sfere ridondare
forte sotto i movimenti secchi.
Quelle palline erano solo un gioco, una
provocazione estrema per farla capitolare, renderla lasciava ed arrendevole al
bisogno ma ora erano un prolungamento di lui, delle sue dita forti e decise,
della sua lingua e del suo membro, ora erano solo un mezzo per acuire il
piacere che lui era in grado di darle, voleva che impazzisse, che fosse pregna
fino all’eccesso di sensazioni farneticanti quando infine si sarebbe staccato
da lei.
Voleva una donna senza freni inibitori, pronta a
darsi fiera al piacere e lei era stata così, bella ed altera quanto cedevole al
pari di burro fuso da una lama tagliente.. Al solo pensiero Marco non
resistette e le sfere mancanti si aggiunsero alle prime. Eva urlò poi prese ad
incitarlo, incalzandolo con movimenti ondulatori del bacino, era nuovamente al
limite, nuovamente trasportata di peso da lui in terre sconosciute, nuovamente
incapace di controllare alcunchè, il suo corpo, i suoi
respiri, le sue parole, tutto di lei era fuori dal suo controllo, lei si
sentiva spettatrice di se stessa ed insieme protagonista discinta.
Cadenzò colpi lenti e allo stesso modo fece
entrare ed uscire le sei palline, Eva ora non si ritraeva, ne godeva senza
ritegno, vederla tanto lasciva e così offerta a lui lo fece impazzire.
Non sopportò oltre, aumentò il ritmo già serrato pronto
a godere e farla godere, liberò con un sol movimento lento seppur deciso le
sfere facendola urlare di piacere e velocemente le si arpionò ai fianchi e con
una spinta profonda e lacerante riversò tutta la cocente passione in quel corpo
palpitante che l’accolse insaziabile e si riverberò su di lui con la stessa
furia inusitata nello stesso istante.
L’orgasmo che li colse fu dirompente, perdurò,
lasciandoli beccheggiare in quei flutti eterogenei nei quali rari brillavano attimi
di lucidità, subito sopiti da una nuova ondata che sopraffaceva ogni cosa
istantaneamente.
Il tempo si dilatò a dismisura, i loro corpi
caldi, sudati, ansanti si strinsero in un intricato intreccio dei sensi e degli
arti che lentamente tornarono a rilassarsi.
Eva poggiò il viso sull’ampio petto e posò decine
di piccoli baci a fior di labbra sulla pelle salata facendolo rabbrividire, la
strinse ancor più a se, cullandola con la sua voce calda, suadente, aveva perso
ogni accenno di durezza, non più impostata o rigida giungeva fin dentro l’anima
della giovane donna curandone ogni arcana ferita.
Parlava sottovoce accarezzandole il viso, la
tempia, lei di rimando nascose il viso sull’incavo del suo collo sentendo sulla
guancia la barba ruvida. Si abbandonò ancor più a lui sentendosi cedere sotto
il peso della stanchezza, lui le carezzò la nuca giocando con le ciocche che le
ricadevano disordinate sul viso e attese che Morfeo la sollevasse benevolo dal
peso delle ore appena trascorse.
Si addormentò esausto dopo averla a lungo sentita
respirare serena, il soffio caldo del suo respiro sul suo collo.
L’alba li colse riversi una sull’altro, caldi
corpi esausti che il persistente contatto placava e rigenerava.
Fu Marco a svegliarsi per primo, si sciolse cauto
dall’abbraccio scivolando fuori dal letto, raccolse gli indumenti sparsi per la
stanza poggiandoli con cura poi cercò il telefono e si diresse in bagno
chiudendo con accortezza estrema la porta alle proprie spalle.
Si fece la doccia, si premurò di sentire la
segreteria e lasciare un paio di messaggi importanti poi tornò in camera, la
piccola scatola presa dalla giacca stretta in mano, si lasciò cadere nella
poltrona d’angolo.
Dalla sua posizione poteva scorgere bene il viso
della ragazza, le lunghe ciglia posate sulle palpebre che si muovevano
impercettibilmente seguendo gli ultimi
fili conduttori di un qualche sogno che lui ignorava. La bocca semiaperta appariva quasi imbronciata, le dava un aria
ingenua e fanciullesca.
I capelli, ora illuminati dai primi raggi di sole
che tenue filtrava dalle ampie finestre, mostravano con carattere i bei
riflessi ramati.
Abbandonata tra le lenzuola disfatte, inerme,
indifesa, il suo seno si sollevava e abbassava ritmicamente ad ogni respiro e
lui ne avrebbe potuto contare a dozzine ipnotizzato com’ero da quella vista.
Eva impiegò qualche secondo prima di scrollarsi di
dosso gli ultimi rimasugli dell’incoscienza notturna ma serrò volontariamente
gli occhi, sprofondando il viso tra i cuscini.
Era certa di essere sola, sentiva il suo odore, ma
non così accentuato come quando lo aveva vicino e poteva apprezzarne ogni nota
speziata, lo percepiva nella stanza, nelle lenzuola e soprattutto su se stessa.
Il terrore arcano, quel senso di abbandono che
aveva sempre provato ogni qualvolta nella vita aveva amato o si era
semplicemente affezionata a qualcuno, la colpì con la stessa veemenza di uno
schiaffo in pieno volto.
Fin da quel messaggio apparso nel display del suo
cellulare, fin dalla consapevole scelta di andare a Firenze, di incontrarlo,
vederlo, toccarlo, essere sua, aveva tentato, seppur senza successo, di scacciare quel pensiero
fastidioso.
Sapeva che se lo avesse permesso quel pensiero
semplice e decostruito che si affacciava insistente alla sua mente sarebbe
diventato presto pura paura, l’avrebbe ossessionata e resa insicura .. e così
l’aveva scacciato, chiuso nel fondo buio dei pensieri che non si devono fare e
l’aveva annullato godendosi l’attimo.
Vivide le immagini della notte appena trascorsa
presero a vorticarle davanti in un caleidoscopio di sensazioni forti da non
essere catalogabili, di suoni, immagini vivide e ricche di particolari che le
si ripresentarono con dovizia certosina.
Le lacrime scesero calde a rigarle il volto
disperdendosi nel tessuto del cuscino.. quei cuscini, quelle coperte che poche
ore prime aveva visto estremo il piacere raccoglievano ora quel pianto
liberatorio e senza freni.
Fu un pianto silenzioso, senza singhiozzi o
isterismi, muto e agonizzante, sapeva che da Marco altro non avrebbe avuto che
quella notte di passione che l’aveva cambiata per sempre. L’aveva sempre saputo
ma allo stesso tempo aveva sperato che il duro ed inflessibile uomo ne celasse
un altro, dolce, incline a lasciarsi trasportare da sentimenti caldi e
ristoratori.. Invece ora sapeva che quando avrebbe aperto occhi le si sarebbe
parata davanti una camera vuota, e la musica che si accorse solo allora,
continuava in un sussurro, avrebbe fatto da unico contraltare alla sua
bruciante sconfitta.
Si schiarì la gola respirando profondamente quando
sentì la mano poggiarsi sulla sua spalla, seguita dal materasso che cedette un
poco sotto il peso dell’uomo. Restò immobile, lui con fermezza le voltò il viso
e lei fu costretta ad aprire gli occhi.
“ Eva, amore mio, è stato tutto così terribile per
te da farti piangere? Vieni qui, abbracciami”
Era sconvolta, le certezze, quel senso di
solitudine e abbandono che l’aveva lacerata intimamente negli ultimi minuti
erano stati spazzati via come un brusco risveglio fa con un sogno
agghiacciante. Eva Gli gettò le braccia al collo donandogli uno dei suoi
inebrianti sorrisi.
Provo a spiegarsi, provo a parlare, voleva dirgli
le sensazioni, le paure che avevano reso quel risveglio tumultuoso ma lui la
zittì con un bacio profondo e appassionato.
Lui sapeva già tutto e quando si staccò
malvolentieri dalle sue labbra infuocate parlò guardandola nei occhi.
Fu un lungo discorso, Marco conosceva fin da
principio le sue paure, l’aveva portata al limite e si era dipinto diverso da
ciò che nell’animo sentiva per una sua antica animosità nei confronti delle
donne. Voleva comprendere appieno se la Eva che aveva intravisto era come
pensava la donna, amica ed amante che aveva a lungo desiderato.
Le delusioni e l’essersi sentito tradito non solo
in quanto uomo ma come amante e compagno avevano fatto si che si fosse
costruito un fitta muraglia fatta di narcisismo e convinzioni…ma era un fuoco
fatuo e lei aveva messo pericolosamente
in pericolo la sua infrastruttura rendendolo vulnerabile. Era stato così
fin da quella prima notte in chat, ma ammise malvolentieri, ammettendolo al
contempo a se stesso, aveva provato per lei qualcosa di indefinibile fin da
subito, ma era stato troppo chiuso nella sua corazza per poterlo esternare come
avrebbe dovuto.
Lei lo baciò sul viso, sul mento, sulle labbra,
era felice, si chiese per un istante se non fosse un sogno, un gioco meschino
dei suoi desideri che più forti della ragione avevano preso il sopravvento ma
il calore che sentiva per la sua vicinanza la convinsero che no, non poteva
trattarsi altro che di una meravigliosa realtà…
Dopo i primi momenti nella mente di Eva si
affollarono a decine domande a lei così familiari, i dubbi che l’avevano
attanagliata in quei mesi ora spingevano per venir fuori, liberatori. Ma lui
con pazienza prese a raccontargli ciò che conoscerla aveva significato per lui
e l’infinità dei nodi che lei aveva posto a corona dei momenti che avevano fino
ad allora condiviso furono da lui dipanati senza bisogno che lei chiedesse.
Era quasi mezzogiorno quando la lunga
conversazione ebbe momentanea fine, ora sorridevano entrambi, raccontandosi
fittamente paure e sentimenti.
Una nuova complicità si era aggiunta
all’elettrizzante sinergia e la si sentiva palpabile.
L’osservatore attento ora avrebbe sorriso e li avrebbe lasciati soli, compiaciuto avrebbe
camminato lungo Ponte Vecchio, osservando l’Arno scivolare lento, fischiettando…
Marcò si alzò dal letto trascinandola con se, lei
in piedi sulle coperte rideva forte facendogli il solletico, aveva addosso solo
la camicia di lui, era bellissima, ma la sua bellezza era indipendente dalle
curve del suo corpo o dal bel visino, era bella perché felice, e lui se ne
compiacque, se lei lo era inevitabilmente lui si sentiva bene, appagato dal
solo sentirla accanto a se..
Marco rise schivando la sua mano impertinente, poi
l’ammonì fintamente serio :
“ Stai buona un attimo che ordino la colazione”.
Eva si stese sul letto, sospirò soddisfatta e
chiuse gli occhi, lo sentì avvicinarsi, qualcosa di freddo le fu posato tra i
seni, lo toccò con la punta delle dita prima di guardare di cosa si trattasse..
Velluto, si tirò a sedere stringendo la scatola
nella mano, non sapeva cosa fare, era disorientata, lo guardò interrogativa ma
lui la incitò ad aprirlo con uno sguardo inequivocabile..
Dentro la scatola elegante c’era una chiave..
Marco si sedette sul letto, la prese tra le
braccia e lei seppe che non avrebbe voluto essere in altro posto se non tra
quelle braccia forti, che la facevano finalmente sentire al sicuro, quell’uomo
sapeva renderla donna, conosceva le sue debolezze, le sue insicurezze ma
perdersi in lui la fortificava anziché indebolirla..
Era quello il suo posto.
Che dire .. un racconto erotico eccezionalmente accattivante, dotato di una verve nello stile inimitabile, una tonalità che si fa sempre più incalzante nei momenti topici da rendere le scene così vivide e reali da catturare completamente le sensazioni del lettore e trasportarlo in quel panorama erotico in grado di trasmetteregli emozioni al limite dell'immaginabile...non avevo dubbi che avresti fatto centro alla grande sei riuscita a colpirmi in pieno:' Ti aspetto domani a Roma ore 20 hotel excelsior, imperial suite a mio nome... c'è un pacco per te indossalo e sali in terrazzo... ti serbo una sorpresa...'
RispondiEliminaQuel terrazzo mi ha aperto i rossi tendaggi su un palcoscenico già carico di sentita passione...
RispondiEliminaUn uomo affascinante passeggia su un terrazzo illuminato dalle ultime luci del tramonto, Roma la Grande, mia terra natia, risplende tra le infinite luci..
Lui, bello e fiero, la barba ne incornicia il volto, le labbra disegnate mi fanno già perdere ogni ponderata sicurezza..il suo sguardo è capace di ammaliarmi, farmi perdere per poi ritrovarmi specchiata in esso..
Tremo e fremo..
Ma questa é un'altra storia, vita vissuta...
Grazie.
Dunque.. ho atteso a leggere perchè ero (e sono) in un momento un po' particolare e il solo sentir parlare di coppie mi riga gli occhi di lacrime... ma poi ho preso il coraggio e mi hai trascinato tra i tuoi brividi Reb! Non vedo l'ora di sapere come si evolverà la situazione! Il resto dei commenti te lo faccio in privato ;)
RispondiEliminaahahah tesoro mio, vuoi anche il seguito? così mi fai venir voglia di scriverlo sto seguito...sapessi quanto :D
RispondiEliminaAllora aspetto in privato ;) curiosissimaaaaa :*
ancora ancora ancora!!
RispondiEliminaIl primo atto, a mio gusto personalissimo e difficilissimo, non mi aveva soddisfatto come ti avevo già detto maa beh ti sei a dir poco riscattata! Ci si può tranquillamente ritrovare in questa donna. Ho amato del secondo atto la passione del primo incontro al ristorante, è assolutamente da consigliare a un qualche ometto. Anche se alla richiesta da parte di Marco al cameriere di portare del vino ghiacciato mi sarei aspettata anche del ghiaccio su pelle con scia di goccioline da leccare, ma riconosco di avere qualche perversione create da chissà cosa o da chissà chi. Mi è piaciuto anche il sviolinato finale leggermente forzato più verso la forza dell'amore, chi non ama i racconti a lieto fine?
Propongo un sequel sulle storie precedenti di Marco :P
oh tesoro mio!!! ma certo si può fare..ma come ben sai conoscendomi..in pratica ho solo raccontato più che inventato...;-) chiederò a "Marco" se ha voglia di ispirarmi... =P
RispondiElimina