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lunedì 25 marzo 2013

Estreme Sinergie -atto tre-


Eva si bagnò le labbra e continuando a masturbarlo lentamente aggiunse alla proprio mano le calde lebbra..
La sua bocca si sciolse accogliendolo dolcemente e la lingua vellicò il glande con maestria che non sapeva appartenerle…
Marco ne fu sopraffatto ma ora che la sentiva così cedevole ne approfittò e la sua mano percorse le cosce sode di Eva e si fece strada senza fatica, strappò con un colpo secco il perizoma ma lei continuò imperturbabile senza smettere un solo istante di saggiarlo con la lingua, le labbra, il viso tutto…
Marco sfiorò la pelle morbida, con delicatezza, le sue dita esperte sapevano bene come muoversi, scese piano tra le labbra fino a raggiungere l’anello, giocò un poco ruotandolo ripetutamente..
Eva si interruppe un solo istante accomodandosi meglio a sedere sul letto, Marco ne approfittò per estrarre la prima delle sei palline.
Fu pazzesco, Eva rovesciò la testa ansimando forte, era talmente vicina al baratro dell'orgasmo che gli sarebbe bastato sfiorarla appena per farla venire, soppesò l'idea decidendo di trattenerla ancora sull'orlo del precipizio.
La strinse tra le braccia, poi dolcemente e posandole sul viso baci leggeri l’adagiò tra le lenzuola .
La guardò, era sensuale e bellissima.. iniziò ad accarezzarle le gambe salendo su fino all’inguine, la sua pelle era liscissima e calda, poggiò le mani sull'interno coscia e con fermezza le dischiuse.
Eva si sentì completamente persa, per un brevissimo istante pensò di serrare le gambe presa da un subitaneo moto di vergogna, ma sapeva che lui non glielo avrebbe permesso, si lasciò trasportare nuovamente in quel limbo dei sensi nell'istante in cui Marcò affondò il viso tra le sue cosce. 
La pelle setosa e vellutata accolse le sue attenzioni, Eva ansimò mentre la lingua dell’uomo scivolava esperta tra le labbra dischiudendole fino a lambire il clitoride.
Eva si abbandonò completamente rapita dalle sensazioni inedite che lui era capace di farle provare.
Lui continuò senza fretta alcuna portandola più volte verso l’abisso ma trattenendola ogni volta un’istante prima di lasciarla cadere... era stremata, presa da una febbre che le faceva ribollire l’anima, i seni duri e sodi palpitavano sotto i suoi respiri brevi e affannosi, il viso arrossato, le labbra piene che martorizzava mordendole nel vano tentativo di trattenere i propri gemiti e quel peso ben noto al basso ventre che ormai era diventato insostenibile e la liquefaceva dall’interno.
Marco alzò lo sguardo gustandosi questa splendida visione, la carica di erotismo che ella emanava aleggiava impregnando ogni atomo.
Afferrò l’anello delle palline e prese a ruotarle strappandole un basso mugolio che si trasformò in gemiti, aumentò il ritmo e la pressione che le sue labbra e la sua lingua esercitavano e quando la sentì pronta a gettarsi anima e corpo nel precipizio sfilò senza indugi le sfere con un movimento rapido e fluido.
L’orgasmo esplose liberandola dalla frenesia dei sensi, urlò incapace di trattenersi, lacerata dalla moltitudine delle sensazioni che pervadevano la sua mente ed il suo corpo scosso da interminabili sussulti seguì l’onda farneticante di ogni singola contrazione. Percepiva ogni cosa amplificata, il peso a lei ben noto era ora un balsamo e lei sospesa nel tutto e nel nulla, mezzo e cassa di risonanza.
Marcò gustò ogni suo sussulto, ogni respiro, ogni fremito, poi la baciò sulla fronte, dandole il tempo di riprendere coscienza di se. 
Lei gli sorrise grata, desiderava solo che la prendesse carnalmente, che la facesse completamente sua, voleva farlo godere ripagandolo di ogni estatica sensazione che lui le aveva donato, voleva che facesse l’amore con lei e glielo disse con un filo di voce guardandolo supplichevole negli occhi.
In tutta risposta lui le poggiò un tenero bacio sulle labbra e perentorio le intimò di girarsi, voleva che continuasse ad essere ubbidiente e pazientasse.
Eva le fissò per un lungo istante, si sentiva una bimba sciocca che viene redarguita ma incapace di disubbidire si girò donandogli uno spettacolo che Marco sognava fin dal loro primo incontro.
Aveva un sedere alto, tondo e sodo dal quale partivano lunghe gambe affusolate, Marco si sporse dal letto e raccolse la spessa cintura di cuoio con la quale le bloccò i polsi alla testiera del letto. Eva tentò di divincolarsi ma cedette quando lo sentì sporsi nuovamente ed estrarre qualcosa dal comodino.
Iniziò a massaggiarle le spalle scendendo lento lungo la schiena e non lesinandole nel mentre baci sul collo. 
Eva sentiva il suo respiro caldo, e smorzata la rabbia che le aveva acceso l’animo qualche istante prima si convinse ad esaudire ogni suo capriccio.
Marcò disegnò piccoli cerchi concentrici scendendo lungo la spina dorsale e facendola rabbrividire intensamente, le posò le mani sui lombi poggiandole il pene eretto tra le cosce, ma fu solo un fugace momento in cui lei pregò che la penetrasse, subito lo sentì ritrarsi e le forti mani presero a palparle i glutei avidamente.
Una mano scese ad accarezzarla rinnovandole le sensazioni che l’orgasmo le aveva lasciato sulle membra esauste, Marco sapeva come far vibrare ogni sua corda e senza esitare fece scivolare le dita in quello scrigno umido e caldo sentendola gemere e contorcersi all’istante sulle lenzuola.
Prese a cadenzare quel ritmato andirivieni fino a sentirla già eccitata e bagnata poi l’altra mano scivolò tra i glutei carezzandola delicatamente.
Eva era ormai completamente sconvolta, lui ne approfittò per prendere le palline, le ultime erano di dimensioni inferiori e reputò che facessero al caso suo. Le portò alle labbra, serbavano ancora il suo sapore, le umettò con la lingua e poggiò la sfera più piccola sullo sfintere contratto, la sentì opporsi flebilmente. La sua voce ora si fece carezzevole mentre la rassicurava. Si aiutò con entrambe le mani ed inserì delicatamente la prima sfera.
Lei gemette forte, ma l’urlo pronto ad esplodere le morì in gola quando sentì il glande dell’uomo poggiarsi tra le sue labbra umide, sfiorarle il clitoride per poi trovare rapido la strada per colmarla completamente.
Rimase senza fiato, ogni molecola del suo corpo eccitata oltre il sopportabile, finalmente il suo desiderio principe era stato esaudito ed i loro corpi si fondevano l’uno nell’altra e lei non aveva più certezza alcuna di dove le sue carni, ormai portate all’estremo, terminassero e dove il caldo corpo muscoloso di lui avesse inizio…
Marco le passò il braccio sotto la vita sollevandola in ginocchio, capezzoli turgidi sfiorarono le coperte sensualmente.
Lui stando immobile dentro di lei osservò la flessuosa immagine riflessa nel vetro della finestra buia, i loro corpi erano in sintonia perfetta, guardandola approfittò per darle respiro , un solo istante prima di cogliere l’occasione… e la seconda sfera segui la prima facendo  gemere Eva di dolore e piacere.
Non capiva più nulla, tutto era estremo piacere ed eccitazione, tutto era sfumato e incorporeo pur essendo vividissimo.
Marco prese a martorizzarle i capezzoli, stringendoli tra le dita e palpando a piene mani quel seno grosso e sodo, Eva si protrasse ancor più verso di lui fino a sentire le sue natiche poggiare sul pube, la fame di lui era divenuta ora insaziabile.
Fu allora che Marco iniziò a muoversi cadenzando i movimenti, dapprima senza fretta anche se ogni affondo gli costava un enorme sforzo per trattenere in se quel rimestio caldo che lo divorava dall’interno..
Tentando di non perdersi completamente ma succube insaziabile delle infinite sensazioni, intrecciò un istante le sue dita a quelle della ragazza che si voltò a guardarlo divorandolo con mille  brividi infuocati.
Insieme furono scagliati insieme in una danza tribale, lui l’accarezzava sollecitando ora i seni, ora muovendo le palline che lo eccitavano follemente alla sola loro vista, i glutei cozzavano contro il suo pube ad ogni affondo e sapeva che Eva sentiva ogni volta le sfere ridondare forte sotto i movimenti secchi.
Quelle palline erano solo un gioco, una provocazione estrema per farla capitolare, renderla lasciava ed arrendevole al bisogno ma ora erano un prolungamento di lui, delle sue dita forti e decise, della sua lingua e del suo membro, ora erano solo un mezzo per acuire il piacere che lui era in grado di darle, voleva che impazzisse, che fosse pregna fino all’eccesso di sensazioni farneticanti quando infine si sarebbe staccato da lei.
Voleva una donna senza freni inibitori, pronta a darsi fiera al piacere e lei era stata così, bella ed altera quanto cedevole al pari di burro fuso da una lama tagliente.. Al solo pensiero Marco non resistette e le sfere mancanti si aggiunsero alle prime. Eva urlò poi prese ad incitarlo, incalzandolo con movimenti ondulatori del bacino, era nuovamente al limite, nuovamente trasportata di peso da lui in terre sconosciute, nuovamente incapace di controllare alcunchè, il suo corpo, i suoi respiri, le sue parole, tutto di lei era fuori dal suo controllo, lei si sentiva spettatrice di se stessa ed insieme protagonista discinta.
Cadenzò colpi lenti e allo stesso modo fece entrare ed uscire le sei palline, Eva ora non si ritraeva, ne godeva senza ritegno, vederla tanto lasciva e così offerta a lui lo fece impazzire.
Non sopportò oltre, aumentò il ritmo già serrato pronto a godere e farla godere, liberò con un sol movimento lento seppur deciso le sfere facendola urlare di piacere e velocemente le si arpionò ai fianchi e con una spinta profonda e lacerante riversò tutta la cocente passione in quel corpo palpitante che l’accolse insaziabile e si riverberò su di lui con la stessa furia inusitata nello stesso istante. 
L’orgasmo che li colse fu dirompente, perdurò, lasciandoli beccheggiare in quei flutti eterogenei nei quali rari brillavano attimi di lucidità, subito sopiti da una nuova ondata che sopraffaceva ogni cosa istantaneamente.
Il tempo si dilatò a dismisura, i loro corpi caldi, sudati, ansanti si strinsero in un intricato intreccio dei sensi e degli arti che lentamente tornarono a rilassarsi.
Eva poggiò il viso sull’ampio petto e posò decine di piccoli baci a fior di labbra sulla pelle salata facendolo rabbrividire, la strinse ancor più a se, cullandola con la sua voce calda, suadente, aveva perso ogni accenno di durezza, non più impostata o rigida giungeva fin dentro l’anima della giovane donna curandone ogni arcana ferita.
Parlava sottovoce accarezzandole il viso, la tempia, lei di rimando nascose il viso sull’incavo del suo collo sentendo sulla guancia la barba ruvida. Si abbandonò ancor più a lui sentendosi cedere sotto il peso della stanchezza, lui le carezzò la nuca giocando con le ciocche che le ricadevano disordinate sul viso e attese che Morfeo la sollevasse benevolo dal peso delle ore appena trascorse.
Si addormentò esausto dopo averla a lungo sentita respirare serena, il soffio caldo del suo respiro sul suo collo.
L’alba li colse riversi una sull’altro, caldi corpi esausti che il persistente contatto placava e rigenerava.
Fu Marco a svegliarsi per primo, si sciolse cauto dall’abbraccio scivolando fuori dal letto, raccolse gli indumenti sparsi per la stanza poggiandoli con cura poi cercò il telefono e si diresse in bagno chiudendo con accortezza estrema la porta alle proprie spalle.
Si fece la doccia, si premurò di sentire la segreteria e lasciare un paio di messaggi importanti poi tornò in camera, la piccola scatola presa dalla giacca stretta in mano, si lasciò cadere nella poltrona d’angolo.
Dalla sua posizione poteva scorgere bene il viso della ragazza, le lunghe ciglia posate sulle palpebre che si muovevano impercettibilmente seguendo  gli ultimi fili conduttori di un qualche sogno che lui ignorava. La bocca semiaperta  appariva quasi imbronciata, le dava un aria ingenua e fanciullesca.
I capelli, ora illuminati dai primi raggi di sole che tenue filtrava dalle ampie finestre, mostravano con carattere i bei riflessi ramati.
Abbandonata tra le lenzuola disfatte, inerme, indifesa, il suo seno si sollevava e abbassava ritmicamente ad ogni respiro e lui ne avrebbe potuto contare a dozzine ipnotizzato com’ero da quella vista.
Eva impiegò qualche secondo prima di scrollarsi di dosso gli ultimi rimasugli dell’incoscienza notturna ma serrò volontariamente gli occhi, sprofondando il viso tra i cuscini.
Era certa di essere sola, sentiva il suo odore, ma non così accentuato come quando lo aveva vicino e poteva apprezzarne ogni nota speziata, lo percepiva nella stanza, nelle lenzuola e soprattutto su se stessa.
Il terrore arcano, quel senso di abbandono che aveva sempre provato ogni qualvolta nella vita aveva amato o si era semplicemente affezionata a qualcuno, la colpì con la stessa veemenza di uno schiaffo in pieno volto.
Fin da quel messaggio apparso nel display del suo cellulare, fin dalla consapevole scelta di andare a Firenze, di incontrarlo, vederlo, toccarlo, essere sua, aveva tentato, seppur  senza successo, di scacciare quel pensiero fastidioso.
Sapeva che se lo avesse permesso quel pensiero semplice e decostruito che si affacciava insistente alla sua mente sarebbe diventato presto pura paura, l’avrebbe ossessionata e resa insicura .. e così l’aveva scacciato, chiuso nel fondo buio dei pensieri che non si devono fare e l’aveva annullato godendosi l’attimo.
Vivide le immagini della notte appena trascorsa presero a vorticarle davanti in un caleidoscopio di sensazioni forti da non essere catalogabili, di suoni, immagini vivide e ricche di particolari che le si ripresentarono con dovizia certosina.
Le lacrime scesero calde a rigarle il volto disperdendosi nel tessuto del cuscino.. quei cuscini, quelle coperte che poche ore prime aveva visto estremo il piacere raccoglievano ora quel pianto liberatorio e senza freni.
Fu un pianto silenzioso, senza singhiozzi o isterismi, muto e agonizzante, sapeva che da Marco altro non avrebbe avuto che quella notte di passione che l’aveva cambiata per sempre. L’aveva sempre saputo ma allo stesso tempo aveva sperato che il duro ed inflessibile uomo ne celasse un altro, dolce, incline a lasciarsi trasportare da sentimenti caldi e ristoratori.. Invece ora sapeva che quando avrebbe aperto occhi le si sarebbe parata davanti una camera vuota, e la musica che si accorse solo allora, continuava in un sussurro, avrebbe fatto da unico contraltare alla sua bruciante sconfitta.
Si schiarì la gola respirando profondamente quando sentì la mano poggiarsi sulla sua spalla, seguita dal materasso che cedette un poco sotto il peso dell’uomo. Restò immobile, lui con fermezza le voltò il viso e lei fu costretta ad aprire gli occhi.
“ Eva, amore mio, è stato tutto così terribile per te da farti piangere? Vieni qui, abbracciami”
Era sconvolta, le certezze, quel senso di solitudine e abbandono che l’aveva lacerata intimamente negli ultimi minuti erano stati spazzati via come un brusco risveglio fa con un sogno agghiacciante. Eva Gli gettò le braccia al collo donandogli uno dei suoi inebrianti sorrisi.
Provo a spiegarsi, provo a parlare, voleva dirgli le sensazioni, le paure che avevano reso quel risveglio tumultuoso ma lui la zittì con un bacio profondo e appassionato.
Lui sapeva già tutto e quando si staccò malvolentieri dalle sue labbra infuocate parlò guardandola nei occhi.
Fu un lungo discorso, Marco conosceva fin da principio le sue paure, l’aveva portata al limite e si era dipinto diverso da ciò che nell’animo sentiva per una sua antica animosità nei confronti delle donne. Voleva comprendere appieno se la Eva che aveva intravisto era come pensava la donna, amica ed amante che aveva a lungo desiderato.
Le delusioni e l’essersi sentito tradito non solo in quanto uomo ma come amante e compagno avevano fatto si che si fosse costruito un fitta muraglia fatta di narcisismo e convinzioni…ma era un fuoco fatuo e lei aveva messo pericolosamente  in pericolo la sua infrastruttura rendendolo vulnerabile. Era stato così fin da quella prima notte in chat, ma ammise malvolentieri, ammettendolo al contempo a se stesso, aveva provato per lei qualcosa di indefinibile fin da subito, ma era stato troppo chiuso nella sua corazza per poterlo esternare come avrebbe dovuto.
Lei lo baciò sul viso, sul mento, sulle labbra, era felice, si chiese per un istante se non fosse un sogno, un gioco meschino dei suoi desideri che più forti della ragione avevano preso il sopravvento ma il calore che sentiva per la sua vicinanza la convinsero che no, non poteva trattarsi altro che di una meravigliosa realtà…
Dopo i primi momenti nella mente di Eva si affollarono a decine domande a lei così familiari, i dubbi che l’avevano attanagliata in quei mesi ora spingevano per venir fuori, liberatori. Ma lui con pazienza prese a raccontargli ciò che conoscerla aveva significato per lui e l’infinità dei nodi che lei aveva posto a corona dei momenti che avevano fino ad allora condiviso furono da lui dipanati senza bisogno che lei chiedesse.
Era quasi mezzogiorno quando la lunga conversazione ebbe momentanea fine, ora sorridevano entrambi, raccontandosi fittamente paure e sentimenti.
Una nuova complicità si era aggiunta all’elettrizzante sinergia e la si sentiva palpabile.
L’osservatore attento ora avrebbe sorriso e  li avrebbe lasciati soli, compiaciuto avrebbe camminato lungo Ponte Vecchio, osservando l’Arno scivolare lento, fischiettando…
Marcò si alzò dal letto trascinandola con se, lei in piedi sulle coperte rideva forte facendogli il solletico, aveva addosso solo la camicia di lui, era bellissima, ma la sua bellezza era indipendente dalle curve del suo corpo o dal bel visino, era bella perché felice, e lui se ne compiacque, se lei lo era inevitabilmente lui si sentiva bene, appagato dal solo sentirla accanto a se..
Marco rise schivando la sua mano impertinente, poi l’ammonì fintamente serio :
“ Stai buona un attimo che ordino la colazione”.
Eva si stese sul letto, sospirò soddisfatta e chiuse gli occhi, lo sentì avvicinarsi, qualcosa di freddo le fu posato tra i seni, lo toccò con la punta delle dita prima di guardare di cosa si trattasse..
Velluto, si tirò a sedere stringendo la scatola nella mano, non sapeva cosa fare, era disorientata, lo guardò interrogativa ma lui la incitò ad aprirlo con uno sguardo inequivocabile..
Dentro la scatola elegante c’era una chiave..
Marco si sedette sul letto, la prese tra le braccia e lei seppe che non avrebbe voluto essere in altro posto se non tra quelle braccia forti, che la facevano finalmente sentire al sicuro, quell’uomo sapeva renderla donna, conosceva le sue debolezze, le sue insicurezze ma perdersi in lui la fortificava anziché indebolirla..
Era quello il suo posto.

6 commenti:

  1. Che dire .. un racconto erotico eccezionalmente accattivante, dotato di una verve nello stile inimitabile, una tonalità che si fa sempre più incalzante nei momenti topici da rendere le scene così vivide e reali da catturare completamente le sensazioni del lettore e trasportarlo in quel panorama erotico in grado di trasmetteregli emozioni al limite dell'immaginabile...non avevo dubbi che avresti fatto centro alla grande sei riuscita a colpirmi in pieno:' Ti aspetto domani a Roma ore 20 hotel excelsior, imperial suite a mio nome... c'è un pacco per te indossalo e sali in terrazzo... ti serbo una sorpresa...'

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  2. Quel terrazzo mi ha aperto i rossi tendaggi su un palcoscenico già carico di sentita passione...
    Un uomo affascinante passeggia su un terrazzo illuminato dalle ultime luci del tramonto, Roma la Grande, mia terra natia, risplende tra le infinite luci..
    Lui, bello e fiero, la barba ne incornicia il volto, le labbra disegnate mi fanno già perdere ogni ponderata sicurezza..il suo sguardo è capace di ammaliarmi, farmi perdere per poi ritrovarmi specchiata in esso..
    Tremo e fremo..
    Ma questa é un'altra storia, vita vissuta...
    Grazie.

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  3. Dunque.. ho atteso a leggere perchè ero (e sono) in un momento un po' particolare e il solo sentir parlare di coppie mi riga gli occhi di lacrime... ma poi ho preso il coraggio e mi hai trascinato tra i tuoi brividi Reb! Non vedo l'ora di sapere come si evolverà la situazione! Il resto dei commenti te lo faccio in privato ;)

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  4. ahahah tesoro mio, vuoi anche il seguito? così mi fai venir voglia di scriverlo sto seguito...sapessi quanto :D
    Allora aspetto in privato ;) curiosissimaaaaa :*

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  5. ancora ancora ancora!!
    Il primo atto, a mio gusto personalissimo e difficilissimo, non mi aveva soddisfatto come ti avevo già detto maa beh ti sei a dir poco riscattata! Ci si può tranquillamente ritrovare in questa donna. Ho amato del secondo atto la passione del primo incontro al ristorante, è assolutamente da consigliare a un qualche ometto. Anche se alla richiesta da parte di Marco al cameriere di portare del vino ghiacciato mi sarei aspettata anche del ghiaccio su pelle con scia di goccioline da leccare, ma riconosco di avere qualche perversione create da chissà cosa o da chissà chi. Mi è piaciuto anche il sviolinato finale leggermente forzato più verso la forza dell'amore, chi non ama i racconti a lieto fine?

    Propongo un sequel sulle storie precedenti di Marco :P

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  6. oh tesoro mio!!! ma certo si può fare..ma come ben sai conoscendomi..in pratica ho solo raccontato più che inventato...;-) chiederò a "Marco" se ha voglia di ispirarmi... =P

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