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domenica 10 marzo 2013

Jim, l'Angelo Dionisiaco


James Douglas Morrison




"Egli va a vedere la ragazza del ghetto
scure strade selvagge
Una baracca illuminata da una candela
Lei è una maga
Profeta femminile
Fattucchiera
Vestita all'antica
Tutta agghindata
Le stelle
La luna
Lei legge il futuro nella tua mano"




Da giorni me ne sto qui a scrivere e scrivere fiumi di parole per dare un senso alla moltitudine di immagini che il nome di questo artista mi provoca ogni qualvolta mentalmente lo nomino..
Non pensiamo spesso a ciò che una parola scatena nella nostra mente, o almeno io non mi soffermo spesso a farlo, ma una semplice combinazione di sillabe, vocali e consonanti, può portarci al sorriso estatico o alla disperazione più cupa in un battito di ciglia.
Le nostre percezioni fanno si che a questa cosa, a quella persona, a quell'altro oggetto, noi associamo un'infinità di altre cose, persone ed oggetti.
Sto divagando ma avevo bisogno di far capire, a chiunque abbia voglia di leggermi, che questo scritto nasce dal cuore e non vuole assolutamente essere una noiosissima sequela di date, nomi, titoli, luoghi.. Questo vuol essere un " a tu per tu" sussurrato, come si farebbe di notte ad occhi spalancati mentre si parla senza troppi preconcetti con qualcuno a cui si tiene, sottovoce, mostrando l'anima spogliata di ogni infrastruttura.
Quello che mi ripropongo è un viaggio personale e mentale sulle emozioni che la persona prima ed il cantante e poeta poi, Jim Morrison, hanno indotto e prodotto nella sottoscritta.




Perché ciò che è indubbio è che ogni persona  si appassioni e viva ogni cosa in modo personale e assolutamente diverso..
Per questa ragione ho chiesto ad una persona che reputo dotata di una sensibilità fuori dal comune di  esprimere di getto un suo pensiero su Jim Morrison.
Lo ha fatto in modo esemplare donandoci una poesia che racchiude in se ogni tutta la poesia, la passione, la destrutturata melodia di Re Lucertola.



“La voce selvaggia
senza schemi,
senza strategie,
ti entra nelle ossa e le scuote dal midollo.
La voce profonda
sporca di passione,
ti attraversa l'anima
lasciando segni rossi al suo passaggio.
La voce del dolore
di una bellezza maledetta,
di una rabbia che non trova pace,
di un cuore che si rivolta contro se stesso.
La voce di un angelo acido che ci ha insegnato a volare.”


                                                                                                             Claudio   


Questi versi  di Claudio, straordinario come l’uomo che li ha composti, danno appieno senso a ciò che vorrei trasmettere al lettore, Morrison può essere stato amato o meno ma il suo passaggio non può rimanere invisibile, non può cadere nell’abusato baratro di canzoni ascoltate e dimenticate, Morrison è uomo, prima di un fenomeno consumistico ad uso e consumo dei suoi posteri, lui è stato James…


Il primo ricordo che associo a Morrison è un poster, una gigantografia di una delle sue più belle foto, appeso nella camera di mia cugina.
Ero  una bimbetta ma lo stesso mi sentivo particolarmente attratta dal suo sguardo e avrò forse avuto 12 anni quando orgogliosa di ciò che stavo per fare chiesi in prestito a mia cugina un suo libro: "i Signori, Le nuove creature".
Iniziai a leggere il primo libro di Jim la sera stessa e quel suo modo, per me a quel tempo, stranissimo di comporre poesie mi rapì ancor più della sua musica che già conoscevo piuttosto bene.
Inutile dire che me ne innamorai fin dalla prima pagina, e terminato il libro nacque istintivamente in me il bisogno di capire l’uomo, non tanto l’artista, il musicista o il poeta, ma l’uomo, che James Douglas Morrison era stato.
Perché l’icona rock degli anni ’70 morta in maniera tanto tragica mi calamitasse con tanta insistenza l’ho scoperto solo dopo una lunga ricerca nei meandri delle mie percezioni, nel mio intimo, nel sentito, voluto e cercato.
Identificazione, inizialmente fu così.

Mi rivedevo in parte in quel ragazzo, avevo letto la sua storia, sapevo come e perché era diventato il mito Jim Morrison, come la sua vita fosse stata un concatenamento di eventi e la sua anima inquieta mi sembrava comprensibile e per certi versi simile alla mia.
Osservavo quel ragazzo dai lineamenti tanto angelici quanto sofferti quando nei suoi concerti lasciava il conscio per dar sfogo alla sua voce interiore ed il suo viso diventava una maschera, i suoi occhi perdevano espressione e vacui osservavano e vedevano altri luoghi, altre persone, sempre in perfetto sincronismo con le atmosfere che la band suonava pigiando sui tasti o martellando magistralmente la batteria.
Come lui stesso ammise più volte i Doors iniziavano un pezzo, anche piuttosto semplice e nel bel mezzo di… lasciavano libero sfogo a se stessi e tutti prendevano ad improvvisare e ne nasceva poesia cantata, poesia sofferta e sentita.
Dell’uomo Jim ho sempre amato il lato melanconico, incompleto, triste, il voler capire, comprendere e cercare, ho amato le cose che lo affascinavano perché in certa misura sono le stesse che hanno sempre affascinato anche me.
Jim è per me lo Sciamano, lui che tanto aveva letto e si era documentato sull’estasi sciamanica apprezzava nei sciamani veri  il non avere un ruolo o un’età scontata, il non dover per forza di cose ricoprire un ruolo destinatogli da altri.
A loro Jim invidiava la capacità di vedere, la capacità di trasportare nell’istante stesso in cui si facevano trasportare dalla loro gente, in quel  momento necessario ed indispensabile per vedere prima e per raccontare ciò che hanno visto poi.
Ed è un po quello che Jim faceva nei suoi concerti quando incitava, aizzava, abbracciava idealmente, e non solo, le folle, non tanto per il gusto di essere celebrato come la star indiscussa del rock quanto perché bisognoso di quell’esperienza per raggiungere una comunione dei sensi.
Lui incapace di alzarsi e leggere i suoi scritti dinnanzi ad una platea silenziosa diventava davvero l’angelo dionisiaco capace di tutto quando davanti ad un microfono e con la band alle spalle intonava la prima nota dei suoi concerti.
Le sue canzoni null’altro erano che la sua poesia musicata.
Cantare lo rendeva sicuro, invincibile, protetto.
Poetare invece era un istinto inalienabile, un bisogno intimo, liberatorio ed al contempo di affannosa ricerca di se, del mondo, dei meccanismi umani, politici e sociali.
Pochi sanno che mai sarebbe diventato la star dei Doors se da ragazzo non si fosse a lungo rifugiato nei libri, nei grandi classici.

Il nome The Doors fu ispirato proprio da un verso di una poesia di William Blake: « Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa apparirebbe agli uomini come realmente è: infinita. », verso ripreso a sua volta da Aldous Hoxley  nel suo trattato sugli effetti della mescalina intitolato: “Le porte della percezione”.
Percezione, capacità di percepire, è esattamente questo che identificava James, e di questo lui ne faceva la sua dottrina.

Ciò che va detto è che ognuno di noi percepisce il mondo interno ed esterno in modi e maniere diverse, pochi, pochissimi, sanno trarne davvero frutto, anche se ad un osservatore disattento la loro percezione resta per lo più incomprensibile..
Per questo preferisco che parlino parole sentite e venute di getto da una penna che reputo percettiva come poche altre...
Un ultimo appunto il saper percepire è fondamentale quasi quanto saper poi condividere le proprie percezioni con altri..

“Oddio, che paura! Temo di aver scoperto qualche cosa che in me non va, che non funziona come dovrebbe funzionare.
Che qualche cosa non funzionasse nel modo giusto a dire la verità, lo ho sempre sospettato, ma credevo di essere solo un po' strana e non gli ho mai attribuito un gran peso.
Ma qui non si tratta più di alcune mie peculiarità, ma proprio di un mal funzionamento biologico.
Mi è venuto l'atroce dubbio che il mio apporto di glucosio al cervello non sia adeguato, non sia sufficiente.
E ora cosa faccio?
Chiamo il mio medico e gli racconto il mio sospetto e perchè lo sospetto?
Così invece che prescrivermi qualche esame, mi consiglierà di sicuro una visita psicologica, che non mi farebbe male, intendiamoci, ma di sicuro non servirà a sfatare le mie paure.
Da quel che ricordo Guenda è nata così, con una poca propensione a dedicarsi delle cose oggettive del mondo, poco interesse ad occuparsi della propia sopravvivenza e in ultima analisi anche dei rapporti con gli altri, mentre poteva incantarsi per ore ad osservare una luce o uno scintillio che aveva catturato la sua attenzione.
Il mondo di Guenda-bambina non è mai stato un mondo fisico, non un luogo, per lo meno, ma una specie di viaggio dove le “cose” si accendevano di luce propia, e brillavano e si manifestavano nella loro essenza più pura. Nulla ha mai preteso, però, di diventare qualche cosa di diverso da sè o di trascendere e prescindere dal loro esistere in quel luogo o quello spazio. Un bicchiere restava un bicchiere, una foglia, una semplice foglia... un suono, un suono.
Ma il bicchiere, la foglia e il suono mostravano tutta la potenza del loro essere assoluti.
L'infinito racchiuso nel finito.
Come se il mondo platoniano delle idee avesse abbandonato la regione assegnatagli e avesse permeato il mondo, e la stessa caducità del mondo, rafforzasse il concetto dell'”idea”.
Mio dio, quanta bellezza racchiudono le “cose”!
Così tanta che gli occhi fanno fatica a staccarsi, così tanta che si può arrivare a credere che non vi sia altro di più meraviglioso che star li ad osservare all'infinito.
Che il glucosio nel nostro cervello stia lì ad impedire che si impazzisca?
Che sia la nostra sentinella che trattiene l'anima fulgida dell'universo dal manifestarsi ed esplicarsi, semplicemente distraendo i nostri sensi? Semplicemente facendo si che il nostro interesse sia volto, appunto, ai problemi della sopravvivenza occludendo in qualche maniera i processi chimici del nostro pensare predisposti all'estasi?
L'osservare il mondo dentro al mondo non è un pensiero stravagante, almeno per alcuni...
I loro occhi vedono, le loro dita affondano la compattezza delle superfici andando a confondersi con le complicatissime architetture molecolari che costituiscono l'esistere, abbattendo i limiti segnati dai sensi, o forse, molto più semplicemente, riuscendo a spostare appena un po' i piedi da quella linea di terra e lo sguardo da quella d'orizzonte con cui i più sono abituati a pensare la prospettiva delle cose.
Non deve essere tanto difficile se Guenda-bambina sa farlo, se Guenda-donna continua ad indugiare in tali ammalianti visioni. Forse l'unica difficoltà è solo il saper tornare...”


un ringraziamento particolare ad Aldous Huxley
e al suo: “ Le porte della percezione”,
per questo mio farneticare.
Guenda"

Percezioni, infinite, bene inalienabile del nostro vivere. Lo erano sicuramente per Morrison, scrivere e riversare ogni complessa o frastagliata sensazione.
Scrivere come medianazione, ciò che il suo essere percepiva veniva riversato in centinaia e centinaia di taccuini nei quali scriveva senza posa, preso dall’impulso irrefrenabile di dar libero sfogo alle sensazioni.
Lo fece fino all’ultimo, fino a quando decise di dar fine alla sua vita da rock star idolatrata, amata, sostenuta e preferì seguire l’amata fidanzata Pamela a Parigi…pochi mesi dopo aver raggiunto la capitale francese Jim trovò la morte..aveva appena 27 anni.
Ma Jim ha lasciato, oltre ai mille dubbi che aleggiano sulla sua morte, molto altro: la sua poesia e la sua musica, il suo essere uomo.
Jim Morrison era innanzitutto un uomo con un passato e un trascorso di vita che ha dato indubbiamente origine ha molti percorsi che per sua scelta decise di seguire.
Non voglio entrare in merito  a questioni etiche o morali per il semplice fatto che voglio solo guardare quest’uomo come se mi fosse concesso farlo attraverso un vetro appannato o fumoso.
Non mi interessa sapere se è stato giusto o meno abusare di alcool o droghe, voglio immaginare Jim intento a raggiungere lo stato di incoscienza-coscienza medianica che gli sciamani si inducevano con il peyote e varcare il limite, ravvedendosi nello stesso istante del fatto compiuto.
Voglio immaginarlo ancora preso dalla sua scrittura, frenetico, con foglio intonsi mescolati ad altri scritti fittamente a mano che gli uscivano sistematicamente da ogni tasca…
Questo è l’uomo che voglio ricordare, un poeta per molti maledetto, attratto com’era dagli eccessi, dal superare costantemente i limiti, i propri limiti in primis, ma pur sempre un uomo. James appunto.


Voglio ricordarlo con una delle sue poesie che svela, al pari di altre, la sua natura e che è tra le mie più care:


 Nella seduta spiritica lo sciamano conduceva.
Un panico voluttuoso, deliberatamente evocato attraverso droghe, canti, danze, sospinge lo sciamano nella trance.
Voce mutata, movimenti convulsi.
Egli agisce come un ossesso.
Questi isterici professionali, scelti proprio per le loro tendenze psicotiche, erano un tempo tenuti in gran conto.
Essi mediavano tra l’uomo ed il mondo degli spiriti.
I loro viaggi mentali formavano il punto cruciale della vita religiosa della tribù.




                                                                                                                          
Un particolare ringraziamento a Claudio e Guenda per aver voluto condividere quest'esperienza, per me bellissima, con me. Reb.

6 commenti:

  1. cos'altro dire .. hai detto tutto tu!!! ... un'ode ad un poeta .... Per Claudio: la tua poesia è bellissima!!!

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  2. Silvia grazie infinite :) e Grazie a Reb e Gwen per avermi tirato dentro in questo progetto stimolante e incredibile :) piu' collaborazioni per tutti :D

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  3. reb, tesoro, come sai considero il mio pezzo un po' stonato all'interno del tuo articolo meraviglioso anche se tu lo hai introdotto con grande maestria. la poesia di claudio oltre che bellissima si armonizza perfettamente con il resto. per me è stato un onore collaborare con voi due, vi adoro entrambi.

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  4. Grazie mille Silvia...

    Clau,Gwen..scrivere questo pezzo è stato straordinario, mi ha emozionato moltissimo e credo che sia questa la cosa più importante quando si scrive.
    Clau hai la capacità di far percepire con acutezza e delicatezza unica sensazioni anche complesse rendendole palpabili, straordinaria poesia...
    Gwen il tuo pezzo non è stonato, chiunque sappia leggere davvero e vedere al di la del proprio naso può comprendere quanta genialità celano le tue parole, ma questo già lo sai..

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  5. Ho conosciuto il gruppo rock The Doors nel lontano 1981 quando ho conosciuto mio marito, nella sua macchina una diane 6 aveva un vecchio stereo e ascoltavamo sempre le audiocassette che conserviamo ancora gelosamente a casa a distanza di anni.
    Amo Jim Morrison per le sue canzoni e per la sua poesia, la canzone che sia io che mio marito preferiamo è Light My Fire.
    Bellissimo pezzo reby e complimenti per la collaborazione a tre mani...

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  6. Grazie infinite Marina..è anche una delle mie preferite, mi fa piacere aver evocato in te un così bel ricordo :*

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